Il giorno 24/11/2007, presso il X Municipio di Roma, si è riunita l’assemblea autoconvocata dei Lavoratori/trici e Delegati/e del settore telecomunicazioni.
L’assemblea ha registrato una buona partecipazione trasversale sia di Lavoratori/trici e Delegati/e appartenenti a diverse organizzazioni sindacali di base che ad organizzazioni sindacali confederali.
L’assemblea ha individuato, nel corso dei lavori, gli obiettivi che intende darsi, e che formalizza nei seguenti punti:
- Costruire strategie sindacali e di lotta che vadano a contrastare con fermezza il precariato di cui è vittima il mondo del lavoro come tutte le forme di esternalizzazioni operate dalle aziende nel corso delle quali i Lavoratori/trici vedono via via svanire tanti diritti acquisiti e la speranza di stabilità per il proprio futuro, e la smisurata adozione del contratto part-time operata dalle aziende del settore, che viene imposto ai Lavoratori/trici e non scelto da questi ultimi, divenendo, in questo modo, un subdolo meccanismo che li costringe ad una realtà retributiva insufficiente rispetto alle esigenze di vita.
- il perseguimento della realizzazione di una reale democrazia sindacale, che si concretizzi attraverso l’abolizione di tutte le forme di disparità e privilegio tra le diverse realtà sindacali e che di fatto indeboliscono i Lavoratori/trici tutti.
L’assemblea, per il perseguimento di tali obiettivi, promuove da subito un primo appuntamento: un coordinamento dei Lavoratori/trici e Delegati/e del settore Telecomunicazioni, allargato a tutte le realtà aziendali/sindacali che intendano prendervi parte, e che si terrà il prossimo 12 gennaio 2008 a Roma, un coordinamento strutturato nel rispetto di tutte quante le esperienze e che su questi temi lavori, e costruisca un necessario sciopero dell’intero settore delle telecomunicazioni, come tappa di un percorso che unifichi tutte quante le mobilitazioni presenti nelle diverse aziende, e si concretizzi nella piena condivisione di ogni disagio che si verifichi in ciascuna realtà, affinché queste divengano patrimonio di tutti, e pertanto vengano affrontate in maniera unitaria da tutti i Lavoratori/trici del settore.
In questa ottica esprimiamo da subito pieno sostegno per le battaglie attualmente in corso, come quella che si sta realizzando in Wind contro il trasferimento forzato di 400 Dipendenti da Milano a Roma, ma allo stesso tempo intendiamo affrontare, in maniera unitaria, tutte quante le vertenze già in atto nelle singole realtà.
L’assemblea, infine, si pronuncia in disaccordo rispetto alla proposta di modifica dell’art. 2112 prodotta da CGIL-CISL-UIL che non risolve il nocciolo del problema. Se e` certamente auspicabile, come proposto, l’abrogazione dell'articolo 32 del decreto legislativo 276, che ha deregolamentato le cessioni di ramo d'azienda, vediamo invece come assolutamente negativo e` il punto relativo alla “responsabilità solidale”, che Cgil, Cisl E Uil risolvono con una proposta di stabilità garantita, all'interno del ramo ceduto, “per almeno l'intera durata dei contratti di servizio e comunque per un periodo minimo di 48/72 mesi”. Visto che i Lavoratori coinvolti in queste operazioni vengono ceduti con contratto a tempo indeterminato ma, sempre piu` spesso, alla scadenza delle commesse perdono il proprio Lavoro oppure subiscono tagli salariali e dei diritti, una proposta sindacale in materia, che cmq deve necessariamente passare da una discussione preventiva nei luoghi di lavoro con tutti i soggetti sindacali, non puo’ non partire da una richiesta che implichi un mantenimento occupazionale e dei diritti a tempo indeterminato.
Una proposta di tenore inferiore ostacola la reale e concreta modifica, oggi assolutamente necessaria, gia` presentata in parlamento.
I Lavoratori/trici e Delegati/e aderenti intendono costituire un sistema di comunicazione efficace attraverso blog e mailing list che a breve saranno realizzati.
Lavoratori/trici e Delegati/e del settore TLC aderenti all’assemblea del 24/11/2007
martedì 11 dicembre 2007
mercoledì 5 dicembre 2007
Sulle proposte confederali sulle cessioni di ramo d'azienda...
Lettera scritta all'indomani dell'assemblea del 26 novembre e non pubblicata da il manifesto e Liberazione:
Stavolta questa lettera non ci è stata pubblicata e allora, terminati i tempi canonici dell'attesa, la facciamo circolare al nostro interno, perché siamo stati gli unici “testimoni alternativi” dell’assemblea del 26 novembre scorso indetta da SLC-CGIL, FISTEL-CISL e UILCOM, all’auditorium di in via Rieti a Roma, dove presentavano le loro norme sulle cessioni di rami d'azienda. La prima osservazione, ma lo davamo per scontato, è che non hanno fatto alcuna autocritica per non avere mai ostacolato in Telecom Italia e nelle aziende di TLC tutte le esternalizzazioni richieste dal datore di lavoro; per questo sono stati quindi rumorosamente fischiati da molti delegati e semplici lavoratori presenti, anche perché il tavolo di presidenza di cgil-cisl-uil ha, tra l’altro, negato l'intervento a Roberto Di Palma, delegato CGIL Vodafone, perché in disaccordo sulla cessione di 914 dipendenti appena sottoscritta ed anche alle RSU SNATER in quanto non confederali. E' riuscito a conquistare pochi minuti solamente Stefano Torcellan, RSU CGIL e Presidente A.N.L.E. (Associazione Naz. Lavoratori Esternalizzati), che con passione ha cercato di evidenziare l'inadeguatezza della loro proposta di legge che non migliora la vita di chi è già stato ceduto od è in procinto di esserlo, poiché consegna comunque il lavoratore ad una ergastolana precarietà nel cinico mondo delle speculazioni e delle fittizie combinazioni societarie con scadenza programmata. Chiediamo ai giornali che hanno raccontato un’altra assemblea, come sia possibile che cgil cisl e uil non riescano a capire che la loro proposta di vincolare il cedente sulla stabilità occupazionale, per il periodo della commessa o per almeno 48/72 mesi, è un modo per attaccare ed aggirare il contratto a tempo indeterminato, determinando perdite di diritti e di posti di lavoro? Torcellan ha inoltre ricordato i 3000 lavoratori Telecom esternalizzati, in parte fuoriusciti con mirate e “concertate” procedure di licenziamento e collocazione in mobilità (artt 4 e 24 L. 223/91) “pseudo-volontarie” e veracemente indotte. Pur essendo stata apprezzata l’intenzione di modificare l’articolo di legge che ripristinerebbe la preesistenza dell’autonomia funzionale, si è invece trascurato di sostenere il diritto del lavoratore di «opporsi al trasferimento al cessionario del suo contratto di lavoro…», unica vera garanzia di salvaguardia, in consonanza con la giurisprudenza comunitaria e con la proposta di legge del PRC, presentata a febbraio 2007.
Non gli è andata tanto bene, in termini di consenso, neanche con qualche intervento tra tutti quelli "preventivati e filtrati" essendo il tema troppo tormentato e la sofferenza non ha sigle!
Stefano Torcellan dell'Associazione Esternalizzati
Daniela Cortese e Raffaele Trischitta RSU SNATER Telecom Italia Sparkle
Roberto di Palma RSU CGIL Vodafone
Stavolta questa lettera non ci è stata pubblicata e allora, terminati i tempi canonici dell'attesa, la facciamo circolare al nostro interno, perché siamo stati gli unici “testimoni alternativi” dell’assemblea del 26 novembre scorso indetta da SLC-CGIL, FISTEL-CISL e UILCOM, all’auditorium di in via Rieti a Roma, dove presentavano le loro norme sulle cessioni di rami d'azienda. La prima osservazione, ma lo davamo per scontato, è che non hanno fatto alcuna autocritica per non avere mai ostacolato in Telecom Italia e nelle aziende di TLC tutte le esternalizzazioni richieste dal datore di lavoro; per questo sono stati quindi rumorosamente fischiati da molti delegati e semplici lavoratori presenti, anche perché il tavolo di presidenza di cgil-cisl-uil ha, tra l’altro, negato l'intervento a Roberto Di Palma, delegato CGIL Vodafone, perché in disaccordo sulla cessione di 914 dipendenti appena sottoscritta ed anche alle RSU SNATER in quanto non confederali. E' riuscito a conquistare pochi minuti solamente Stefano Torcellan, RSU CGIL e Presidente A.N.L.E. (Associazione Naz. Lavoratori Esternalizzati), che con passione ha cercato di evidenziare l'inadeguatezza della loro proposta di legge che non migliora la vita di chi è già stato ceduto od è in procinto di esserlo, poiché consegna comunque il lavoratore ad una ergastolana precarietà nel cinico mondo delle speculazioni e delle fittizie combinazioni societarie con scadenza programmata. Chiediamo ai giornali che hanno raccontato un’altra assemblea, come sia possibile che cgil cisl e uil non riescano a capire che la loro proposta di vincolare il cedente sulla stabilità occupazionale, per il periodo della commessa o per almeno 48/72 mesi, è un modo per attaccare ed aggirare il contratto a tempo indeterminato, determinando perdite di diritti e di posti di lavoro? Torcellan ha inoltre ricordato i 3000 lavoratori Telecom esternalizzati, in parte fuoriusciti con mirate e “concertate” procedure di licenziamento e collocazione in mobilità (artt 4 e 24 L. 223/91) “pseudo-volontarie” e veracemente indotte. Pur essendo stata apprezzata l’intenzione di modificare l’articolo di legge che ripristinerebbe la preesistenza dell’autonomia funzionale, si è invece trascurato di sostenere il diritto del lavoratore di «opporsi al trasferimento al cessionario del suo contratto di lavoro…», unica vera garanzia di salvaguardia, in consonanza con la giurisprudenza comunitaria e con la proposta di legge del PRC, presentata a febbraio 2007.
Non gli è andata tanto bene, in termini di consenso, neanche con qualche intervento tra tutti quelli "preventivati e filtrati" essendo il tema troppo tormentato e la sofferenza non ha sigle!
Stefano Torcellan dell'Associazione Esternalizzati
Daniela Cortese e Raffaele Trischitta RSU SNATER Telecom Italia Sparkle
Roberto di Palma RSU CGIL Vodafone
mercoledì 28 novembre 2007
Appello per l’attuazione dei referendum contro la precarietà e per la democrazia sindacale
I firmatari del presente appello, considerando la precarietà uno dei peggiori mali della nostra società che impedisce a giovani e meno giovani di costruirsi un futuro, che riduce certezze e diritti, che ostacola qualsiasi possibilità di cambiamento in positivo della società civile, che affossa la solidarietà e la giustizia sociale, ritengono opportuno accompagnare alle mobilitazioni ed alle lotte che si sono messe in atto sino ad oggi e che sicuramente continueranno nel prossimo futuro, uno strumento democratico e di massa come il Referendum abrogativo.
Una ipotesi aperta che, partendo dalle Legge 30 e dalla Legge 276 relative ai lavori atipici e passando alla Legge 368 che regola specificatamente i contratti a tempo determinato, vada ad intercettare anche la richiesta diffusa di maggiore democrazia sindacale attraverso l'abrogazione parziale dell'Art. 19 dello Statuto dei Lavoratori, nella parte che discrimina le organizzazioni sindacali non firmatarie di contratto, eliminando un assurdo giuridico e politico che ha messo nelle mani dei datori di lavoro il riconoscimento della controparte sindacale. Il 16 Ottobre alcuni giuslavoristi e alcuni precari e rappresentanti sindacali di base hanno depositato in cassazione tre quesiti referendari sul lavoro precario e sulla democrazia sindacale nei posti di lavoro.
I quesiti sono finalizzati ad eliminare le maggiori storture del mercato del lavoro presenti nell'attuale legislazione ed a ripristinare la democrazia sindacale.
- abrogazione totale della Legge 30 e del decreto legislativo di attuazione 276 del 2003;
- abrogazione parziale del Decreto Legislativo 368 del 2001 sui contratti a tempo determinato.
- abolizione delle parole: “nell'ambito delle organizzazioni sindacali che siano firmatarie di contratti collettivi di lavoro applicati nell'unità produttiva” dell'art. 19 della Legge 300/70.
I firmatari del presente appello sostengono il Comitato Promotore che non si ritiene il detentore unico dei quesiti referendari depositati, considerandoli una proposta aperta a modifiche, ampliamenti ed integrazioni.
I firmatari, insieme al Comitato Promotore, proporranno un incontro per verificare la concreta fattibilità del percorso referendario finalizzato alla lotta alla precarietà ed allo sviluppo della democrazia sindacale.
22 novembre 2007
Clicca qui per firmare l'appello.
Clicca qui per vedere le adesioni all'appello.
RSU Bologna: - "No a uno sciopero di settore solo regionale"
Intervento della RSU di Bologna di ieri 27/11.
Oltre ad alcune critiche all'impostazione di un documento che la segreteria regionale di Slc Cgil ha diramato ai lavoratori bolognesi lunedì scorso, il comunicato avversa la "proposta di una manifestazione territoriale di settore" e contiene un primo resoconto dell'incontro del 24 novembre scorso a Roma.
Ciao a tutti,
il caso Vodafone, che ha visto l'impegno di lavoratrici e lavoratori della nostra azienda (che segue quelli di altre aziende del settore), impone ormai come non più rinviabile la discussione per modificare il quadro normativo che regola la cessione di ramo d’azienda.
Quanto è stato sostenuto e prodotto in questi faticosi e partecipati mesi porta di fatto ad una accelerazione in questo senso.
Come da comunicato di ieri 26 novembre della Slc Emilia Romagna il 21 novembre scorso nel corso dell'attivo regionale dei delegati è stato prodotto l'ordine del giorno che avete tutti letto.
Dal documento emergono due aspetti importanti.
La costruzione di una mobilitazione di settore nazionale è lo sbocco naturale di questa vertenza, anche se non esaustivo. La proposta di una manifestazione territoriale di settore arrivata solo oggi rischia di avere qualche limite nell'arginare e produrre una discussione su questo importante tema.
L'aspetto invece più importante su cui i 4 delegati della Cgil di Vodafone Bologna chiedono di aprire una discussione approfondita e’ rispetto ai punti di modifica proposti delle norme esistenti sulla cessione di ramo.
Sottolineiamo innanzitutto la mancanza di una approfondita discussione preventiva rispetto a temi cosi' tecnici e complessi partendo proprio dalle esperienze vissute.
In quell'odg si riporta la seguente proposta di modifica:
al punto uno: "abrogazione dell'art.32 del dlgs 276/03 e ripristino del concetto di autonomia funzionale preesistente"
al punto due: "riconoscimento per legge del principio di responsabilita' solidale per la stabilita' occupazionale per tutta la durata della commessa"
Al punto uno la proposta di abrogazione dell'art.32 del decreto legislativo 276/03, che ha deregolamentato le cessioni di ramo d'azienda, è pienamente condivisibile.
Al punto due, ciò che lascia perplessi noi delegati della Cgil di Vodafone Bologna è la proposta di riconoscere per legge il principio di responsabilità solidale per la stabilità occupazionale per tutta la durata della commessa (commessa che è a tempo determinato): la vera garanzia consiste nel mantenimento dei diritti a tempo indeterminato e quindi non a scadenza come si evince dalla proposta dell`odg. Ciò che bisogna impedire è il passaggio di fatto da un contratto a tempo indeterminato a tempo determinato (quantificandolo in un periodo pari alla durata della commessa). La mobilitazione di settore non può non avere questo come punto centrale delle rivendicazioni.
La cosa grave, ma che non ci impedirà di provare a sviluppare una completa e articolata discussione e sensibilizzazione di tutti su questo centralissimo aspetto, è che non si tiene conto di ciò che i lavoratori hanno palesato proprio in Emilia Romagna nell'ultima vertenza sul caso: quasi all'unanimità i lavoratori di Vodafone Bologna, insieme ad altre migliaia sul territorio nazionale, hanno detto NO ad un mandato a trattare con l`azienda che aveva proprio questo come punto caratterizzante: i diritti che seguono la commessa, anche se per 7 anni, non sono garanzia sufficiente per assicurare prospettive di stabilità e certezza dell’occupazione. Si passerebbe da un contratto a tempo indeterminato a un contratto a tempo determinato legato a una commessa a scadenza e quindi alla fine della commessa, lavoratori divenuti troppo costosi (perchè ceduti ad azienda con diritti e salari più bassi) perderanno il posto di lavoro o vedranno ridotti proprio quei salari e diritti.
Apprendiamo inoltre dai giornali come Alessandro Genovesi, Segretario Nazionale Slc, pubblicizzi e promuova questo tipo di proposta dopo che e’ stata presentata all’Assemblea Nazionale esternalizzati di Telecom a Roma da Slc, Fistel e Uilcom nella giornata di ieri.
Nel documento presentato dalle OO.SS. si sostiene che "in caso di cessione di ramo d`azienda debbano essere sancite tutele per cui non vi siano riduzioni del costo del lavoro e dei diritti nel medio periodo": questo e’ francamente inaccettabile. Non si puo' partire da un contratto a tempo indeterminato e pensare a tutele spostate nel medio periodo (quantificandole addirittura in un periodo di 48-72 mesi) che di fatto mettono in discussione la stessa stabilita' dell'occupazione. I diritti vanno garantiti nel medio ma anche e soprattutto nel lungo periodo.
Le tutele sono tali se non determinano arretramenti rispetto alle condizioni di partenza. Perche' invece non prendere spunto dal pronunciamento della Corte di Giustizia Europea che ha sancito la legittimita’ di normative che prevedano il diritto del lavoratore di “opporsi al trasferimento del suo rapporto di lavoro”? Crediamo che la proposta sindacale debba partire tenendo conto anche di questo aspetto.
Inoltre, sabato 24 novembre, proprio nell’ottica di un ampliamento della discussione delegati e lavoratori di Bologna hanno partecipato all’assemblea autoconvocata di lavoratori e delegati del settore appartenenti a diverse organizzazioni sindacali. Si e' discusso di democrazia sindacale, contrasto ad ogni forma di precarieta' e la conseguente costruzione dello sciopero di settore con l'obiettivo di modificare l'impianto normativo su cui poggiano le questioni del mondo del lavoro a partire dalle esternalizzazioni. Ci sara' un nuovo appuntamento a Gennaio e lavoreremo per costruire la piu' ampia partecipazione possibile.
RSU Bologna
Oltre ad alcune critiche all'impostazione di un documento che la segreteria regionale di Slc Cgil ha diramato ai lavoratori bolognesi lunedì scorso, il comunicato avversa la "proposta di una manifestazione territoriale di settore" e contiene un primo resoconto dell'incontro del 24 novembre scorso a Roma.
Ciao a tutti,
il caso Vodafone, che ha visto l'impegno di lavoratrici e lavoratori della nostra azienda (che segue quelli di altre aziende del settore), impone ormai come non più rinviabile la discussione per modificare il quadro normativo che regola la cessione di ramo d’azienda.
Quanto è stato sostenuto e prodotto in questi faticosi e partecipati mesi porta di fatto ad una accelerazione in questo senso.
Come da comunicato di ieri 26 novembre della Slc Emilia Romagna il 21 novembre scorso nel corso dell'attivo regionale dei delegati è stato prodotto l'ordine del giorno che avete tutti letto.
Dal documento emergono due aspetti importanti.
La costruzione di una mobilitazione di settore nazionale è lo sbocco naturale di questa vertenza, anche se non esaustivo. La proposta di una manifestazione territoriale di settore arrivata solo oggi rischia di avere qualche limite nell'arginare e produrre una discussione su questo importante tema.
L'aspetto invece più importante su cui i 4 delegati della Cgil di Vodafone Bologna chiedono di aprire una discussione approfondita e’ rispetto ai punti di modifica proposti delle norme esistenti sulla cessione di ramo.
Sottolineiamo innanzitutto la mancanza di una approfondita discussione preventiva rispetto a temi cosi' tecnici e complessi partendo proprio dalle esperienze vissute.
In quell'odg si riporta la seguente proposta di modifica:
al punto uno: "abrogazione dell'art.32 del dlgs 276/03 e ripristino del concetto di autonomia funzionale preesistente"
al punto due: "riconoscimento per legge del principio di responsabilita' solidale per la stabilita' occupazionale per tutta la durata della commessa"
Al punto uno la proposta di abrogazione dell'art.32 del decreto legislativo 276/03, che ha deregolamentato le cessioni di ramo d'azienda, è pienamente condivisibile.
Al punto due, ciò che lascia perplessi noi delegati della Cgil di Vodafone Bologna è la proposta di riconoscere per legge il principio di responsabilità solidale per la stabilità occupazionale per tutta la durata della commessa (commessa che è a tempo determinato): la vera garanzia consiste nel mantenimento dei diritti a tempo indeterminato e quindi non a scadenza come si evince dalla proposta dell`odg. Ciò che bisogna impedire è il passaggio di fatto da un contratto a tempo indeterminato a tempo determinato (quantificandolo in un periodo pari alla durata della commessa). La mobilitazione di settore non può non avere questo come punto centrale delle rivendicazioni.
La cosa grave, ma che non ci impedirà di provare a sviluppare una completa e articolata discussione e sensibilizzazione di tutti su questo centralissimo aspetto, è che non si tiene conto di ciò che i lavoratori hanno palesato proprio in Emilia Romagna nell'ultima vertenza sul caso: quasi all'unanimità i lavoratori di Vodafone Bologna, insieme ad altre migliaia sul territorio nazionale, hanno detto NO ad un mandato a trattare con l`azienda che aveva proprio questo come punto caratterizzante: i diritti che seguono la commessa, anche se per 7 anni, non sono garanzia sufficiente per assicurare prospettive di stabilità e certezza dell’occupazione. Si passerebbe da un contratto a tempo indeterminato a un contratto a tempo determinato legato a una commessa a scadenza e quindi alla fine della commessa, lavoratori divenuti troppo costosi (perchè ceduti ad azienda con diritti e salari più bassi) perderanno il posto di lavoro o vedranno ridotti proprio quei salari e diritti.
Apprendiamo inoltre dai giornali come Alessandro Genovesi, Segretario Nazionale Slc, pubblicizzi e promuova questo tipo di proposta dopo che e’ stata presentata all’Assemblea Nazionale esternalizzati di Telecom a Roma da Slc, Fistel e Uilcom nella giornata di ieri.
Nel documento presentato dalle OO.SS. si sostiene che "in caso di cessione di ramo d`azienda debbano essere sancite tutele per cui non vi siano riduzioni del costo del lavoro e dei diritti nel medio periodo": questo e’ francamente inaccettabile. Non si puo' partire da un contratto a tempo indeterminato e pensare a tutele spostate nel medio periodo (quantificandole addirittura in un periodo di 48-72 mesi) che di fatto mettono in discussione la stessa stabilita' dell'occupazione. I diritti vanno garantiti nel medio ma anche e soprattutto nel lungo periodo.
Le tutele sono tali se non determinano arretramenti rispetto alle condizioni di partenza. Perche' invece non prendere spunto dal pronunciamento della Corte di Giustizia Europea che ha sancito la legittimita’ di normative che prevedano il diritto del lavoratore di “opporsi al trasferimento del suo rapporto di lavoro”? Crediamo che la proposta sindacale debba partire tenendo conto anche di questo aspetto.
Inoltre, sabato 24 novembre, proprio nell’ottica di un ampliamento della discussione delegati e lavoratori di Bologna hanno partecipato all’assemblea autoconvocata di lavoratori e delegati del settore appartenenti a diverse organizzazioni sindacali. Si e' discusso di democrazia sindacale, contrasto ad ogni forma di precarieta' e la conseguente costruzione dello sciopero di settore con l'obiettivo di modificare l'impianto normativo su cui poggiano le questioni del mondo del lavoro a partire dalle esternalizzazioni. Ci sara' un nuovo appuntamento a Gennaio e lavoreremo per costruire la piu' ampia partecipazione possibile.
RSU Bologna
26/11 - Slc, Fistel, Uilcom: "Nuove norme per le cessioni di ramo d'azienda"
Comunicato confederale di lunedì scorso.
Salvaguardare i perimetri aziendali per scommettere sullo sviluppo industriale e sulla qualità
Definire nuove norme per tutelare i lavoratori nelle cessioni di rami d’azienda
Come SLC-CGIL, FISTEL-CISL, UILCOM-UIL ci confrontiamo non da oggi con il delicato tema delle cessioni di ramo d’azienda. Negli ultimi tempi, in particolare nel settore delle telecomunicazioni, siamo stati protagonisti di vertenze difficili e complesse che ci hanno spinto ad una riflessione: le attuali norme legislative, nate per tutelare i lavoratori, sono divenute in realtà con il passare degli anni un possibile strumento in mano alle imprese per mascherare licenziamenti collettivi -magari dilazionati nel tempo- e per ridurre i perimetri aziendali.
Siamo quindi partiti dalla nostra esperienza e dalle nostre attuali valutazioni: il settore delle TLC sta attraversando una fase di profonda riorganizzazione, esprimendo un modello di impresa che non condividiamo.
Per noi l’integrazione verticale è premessa per garantire le capacità di sviluppare processi e prodotti basati sulla convergenza e su nuovi servizi, sulla personalizzazione delle offerte, su una maggiore cura del cliente, sullo sviluppo dell’Information Tecnology. Uno sviluppo industriale di qualità delle imprese di TLC è quindi possibile solo salvaguardando gli attuali perimetri aziendali e disincentivando strategie basate sulla riduzione del costo del lavoro e dei diritti. Da questa nostra strategia basata sullo sviluppo industriale e sulla qualità per mantenere e far crescere il settore delle TLC siamo quindi partiti, giudicando nefasta la possibilità offerta all’impresa dalle attuali norme, di smontarsi a proprio piacimento (incentivando tra l’altro il nanismo industriale).
Occorre, per noi, una nuova legislazione che possa permettere a tutti di distinguere, senza pregiudiziali ideologiche, tra cessioni di rami d’azienda che siano realmente autonomi e funzionali ad una maggiore specializzazione produttiva (e quindi anche ad un crescita nel tempo della qualità produttiva e dell’occupazione), da cessioni finalizzate esclusivamente alla riduzione dei perimetri aziendali e destinate a creare “scatole vuote”, senza ragione di essere se non quella di ridurre l’occupazione nelle imprese cedenti.
Quello che infatti oggi manca nel nostro ordinamento - come scrivemmo già nella lettera che in data 20 febbraio 2007 inviammo al Ministro del Lavoro - è un sistema di tutele adatte a permettere questa distinzione e quindi a poter valutare il merito industriale di ogni scelta, senza il ricatto dei licenziamenti camuffati.
Come SLC-CGIL, FISTEL-CISL, UILCOM-UIL mettiamo allora a disposizione delle Confederazioni Nazionali, del Parlamento e dei principali partiti di Governo le seguenti proposte, consapevoli che - se l’art. 32 del dlgs. 276/03 ha peggiorato la norma prevista dall’articolo 2112 del Codice civile, sostituendo il requisito dell’autonomia funzionale preesistente con un più incerto requisito di autonomia funzionale “identificata come tale dal cedente e dal cessionario al momento del suo trasferimento” – limiti normativi erano ben presenti anche nella vecchia formulazione del Codice Civile.
Nello specifico chiediamo che:
1) venga abrogato l’articolo 32 del dlgs. 276/03, ripristinando il concetto di autonomia funzionale preesistente, al fine di dare anche maggiore stabilità e visibilità all’organizzazione dei cicli produttivi;
2) venga riconosciuto per legge il principio della responsabilità solidale che vincoli il cedente e il cessionario a garantire la totale stabilità occupazionale all’interno del ramo ceduto, per almeno l’intera durata dei contratti di servizio e comunque per un periodo di tempo minimo di 48-72 mesi dal momento della cessione;
3) venga riconosciuto per legge un periodo per il confronto sindacale prima della cessione superiore a quanto previsto dalla legge 428/90, per permettere una più attenta analisi delle ricadute produttive e sociali del trasferimento, soprattutto per quelle imprese titolari di licenze pubbliche o comunque che operano su servizi di interesse generale.
Solo sancendo infatti tutele per cui, in caso di cessione di ramo d’azienda, non vi siano nel medio periodo riduzioni sul costo del lavoro e sui diritti, si potrà sviluppare un rapporto tra le parti sociali e tra le imprese ed i lavoratori basato esclusivamente sulla condivisione o meno dei progetti industriali e quindi giungere ad un rapporto più equilibrato tra le legittime scelte delle aziende e l’esigenza di maggiori certezze da parte dei lavoratori.
Questi sono i principi che dovrebbero per noi caratterizzare un nuova legge in materia di terziarizzazioni. In particolare il principio di una comune responsabilità tra cedente e cessionario ai fini di una piena tutela contro i licenziamenti collettivi è stato riconosciuto per la prima volta e dopo una forte mobilitazione sindacale, in un importante accordo sottoscritto recentemente presso il Ministero dello Sviluppo Economico dalle tre categorie e le società Vodafone-Comdata e che siamo certi peserà positivamente nel settore e nei confronti del mondo delle imprese.
Ma proprio la bontà dell’accordo e del fatto che tale principio viene ora riconosciuto da parte anche di grandi imprese multinazionali rende ancora urgente un intervento normativa e più forti le nostre ragioni, a tutela dell’intero mondo del lavoro.
Salvaguardare i perimetri aziendali per scommettere sullo sviluppo industriale e sulla qualità
Definire nuove norme per tutelare i lavoratori nelle cessioni di rami d’azienda
Come SLC-CGIL, FISTEL-CISL, UILCOM-UIL ci confrontiamo non da oggi con il delicato tema delle cessioni di ramo d’azienda. Negli ultimi tempi, in particolare nel settore delle telecomunicazioni, siamo stati protagonisti di vertenze difficili e complesse che ci hanno spinto ad una riflessione: le attuali norme legislative, nate per tutelare i lavoratori, sono divenute in realtà con il passare degli anni un possibile strumento in mano alle imprese per mascherare licenziamenti collettivi -magari dilazionati nel tempo- e per ridurre i perimetri aziendali.
Siamo quindi partiti dalla nostra esperienza e dalle nostre attuali valutazioni: il settore delle TLC sta attraversando una fase di profonda riorganizzazione, esprimendo un modello di impresa che non condividiamo.
Per noi l’integrazione verticale è premessa per garantire le capacità di sviluppare processi e prodotti basati sulla convergenza e su nuovi servizi, sulla personalizzazione delle offerte, su una maggiore cura del cliente, sullo sviluppo dell’Information Tecnology. Uno sviluppo industriale di qualità delle imprese di TLC è quindi possibile solo salvaguardando gli attuali perimetri aziendali e disincentivando strategie basate sulla riduzione del costo del lavoro e dei diritti. Da questa nostra strategia basata sullo sviluppo industriale e sulla qualità per mantenere e far crescere il settore delle TLC siamo quindi partiti, giudicando nefasta la possibilità offerta all’impresa dalle attuali norme, di smontarsi a proprio piacimento (incentivando tra l’altro il nanismo industriale).
Occorre, per noi, una nuova legislazione che possa permettere a tutti di distinguere, senza pregiudiziali ideologiche, tra cessioni di rami d’azienda che siano realmente autonomi e funzionali ad una maggiore specializzazione produttiva (e quindi anche ad un crescita nel tempo della qualità produttiva e dell’occupazione), da cessioni finalizzate esclusivamente alla riduzione dei perimetri aziendali e destinate a creare “scatole vuote”, senza ragione di essere se non quella di ridurre l’occupazione nelle imprese cedenti.
Quello che infatti oggi manca nel nostro ordinamento - come scrivemmo già nella lettera che in data 20 febbraio 2007 inviammo al Ministro del Lavoro - è un sistema di tutele adatte a permettere questa distinzione e quindi a poter valutare il merito industriale di ogni scelta, senza il ricatto dei licenziamenti camuffati.
Come SLC-CGIL, FISTEL-CISL, UILCOM-UIL mettiamo allora a disposizione delle Confederazioni Nazionali, del Parlamento e dei principali partiti di Governo le seguenti proposte, consapevoli che - se l’art. 32 del dlgs. 276/03 ha peggiorato la norma prevista dall’articolo 2112 del Codice civile, sostituendo il requisito dell’autonomia funzionale preesistente con un più incerto requisito di autonomia funzionale “identificata come tale dal cedente e dal cessionario al momento del suo trasferimento” – limiti normativi erano ben presenti anche nella vecchia formulazione del Codice Civile.
Nello specifico chiediamo che:
1) venga abrogato l’articolo 32 del dlgs. 276/03, ripristinando il concetto di autonomia funzionale preesistente, al fine di dare anche maggiore stabilità e visibilità all’organizzazione dei cicli produttivi;
2) venga riconosciuto per legge il principio della responsabilità solidale che vincoli il cedente e il cessionario a garantire la totale stabilità occupazionale all’interno del ramo ceduto, per almeno l’intera durata dei contratti di servizio e comunque per un periodo di tempo minimo di 48-72 mesi dal momento della cessione;
3) venga riconosciuto per legge un periodo per il confronto sindacale prima della cessione superiore a quanto previsto dalla legge 428/90, per permettere una più attenta analisi delle ricadute produttive e sociali del trasferimento, soprattutto per quelle imprese titolari di licenze pubbliche o comunque che operano su servizi di interesse generale.
Solo sancendo infatti tutele per cui, in caso di cessione di ramo d’azienda, non vi siano nel medio periodo riduzioni sul costo del lavoro e sui diritti, si potrà sviluppare un rapporto tra le parti sociali e tra le imprese ed i lavoratori basato esclusivamente sulla condivisione o meno dei progetti industriali e quindi giungere ad un rapporto più equilibrato tra le legittime scelte delle aziende e l’esigenza di maggiori certezze da parte dei lavoratori.
Questi sono i principi che dovrebbero per noi caratterizzare un nuova legge in materia di terziarizzazioni. In particolare il principio di una comune responsabilità tra cedente e cessionario ai fini di una piena tutela contro i licenziamenti collettivi è stato riconosciuto per la prima volta e dopo una forte mobilitazione sindacale, in un importante accordo sottoscritto recentemente presso il Ministero dello Sviluppo Economico dalle tre categorie e le società Vodafone-Comdata e che siamo certi peserà positivamente nel settore e nei confronti del mondo delle imprese.
Ma proprio la bontà dell’accordo e del fatto che tale principio viene ora riconosciuto da parte anche di grandi imprese multinazionali rende ancora urgente un intervento normativa e più forti le nostre ragioni, a tutela dell’intero mondo del lavoro.
mercoledì 21 novembre 2007
Burgio: - "Il caso Vodafone. I limiti di una norma pessima peggiorata dalla «legge 30»"
Intervento di Alberto Burgio su il manifesto del 20/11
Una nuova legge sui «rami d'azienda»
Il caso Vodafone. I limiti di una norma pessima peggiorata dalla «legge 30». Da cambiare subito
Dopo il Protocollo sul welfare è toccato all'accordo sulla cessione del servizio clienti di Vodafone al gruppo Comdata. In entrambi i casi le scelte dei vertici sindacali hanno ricevuto il via libera dai referendum indetti tra i lavoratori. È il caso di parlare di successi della partecipazione democratica?
Sul Protocollo ci sono opinioni diverse, sia sulla congruenza del quesito, sia sulle modalità della consultazione, certo non favorevole alla libera espressione delle posizioni critiche. Anche sull'accordo Vodafone-Comdata il giudizio è discorde. L'8 novembre, su queste pagine, Alessandro Genovesi lo ha definito un «importante passo avanti», pur chiarendo che il Slc-Cgil mantiene un giudizio critico sulla cessione. L'accordo conterrebbe buone garanzie per i 914 lavoratori ceduti e il referendum avrebbe garantito la democrazia sindacale. Il giudizio di gran parte dei lavoratori è ben diverso. In primo luogo occorre tenere conto che ai lavoratori non è stata offerta la possibilità di opporsi alla cessione. Il consenso di chi ha accettato l'accordo non implica quindi un giudizio favorevole al trasferimento. Tutt'altro. L'accordo genera precarietà (in Vodafone i contratti erano a tempo indeterminato) e nulla garantisce in merito ad ulteriori eventuali esternalizzazioni. Si parla di sette anni di lavoro garantiti e c'è da sperare che la clausola di co-datorialità inserita nell'accordo (l'obbligo, per chi cede, di garantire la tutela occupazionale dei lavoratori trasferiti) costituisca un paracadute sufficiente. Nulla è stato chiesto né garantito agli altri 8mila dipendenti Vodafone, che ora temono per il proprio futuro. Non stupisce che la consultazione abbia registrato appena il 44,4% dei consensi e l'opposizione di oltre il 41% dei lavoratori, che verranno pertanto ceduti contro la loro volontà.
Detto questo, su un punto non si può non convenire con Genovesi. La normativa vigente in materia (l'art. 2112 del codice civile modificato da un decreto attuativo della legge 30) è pessima, proprio perché consente alle imprese di trattare i propri dipendenti come «sacchi di sabbia». Il punto-chiave è l'assenza di vincoli sul piano dell'autonomia funzionale preesistente alla cessione, che permette all'impresa di trasformare in «ramo d'azienda» e cedere qualsiasi gruppo di dipendenti. Violando un principio in vigore sino al 2001 e ribadito tanto dalla Cassazione quanto dalla Direttiva europea 23/2001. Non solo. Il totale arbitrio delle imprese determina conseguenze dirompenti perché, al contrario, ai lavoratori non è dato opporsi a trasferimenti che spesso mascherano puri e semplici licenziamenti collettivi. Contro questo stato di cose la Corte di Giustizia europea ha sancito la legittimità di normative che prevedano il diritto del lavoratore di «opporsi al trasferimento del suo rapporto di lavoro». Invano, per quel che riguarda il Bel Paese, culla della «buona flessibilità» nella quale il lavoro rischia di vedersi ridotto a variabile dipendente dei processi produttivi.
E difatti il caso Vodafone (una multinazionale che registra utili annui di oltre 4 miliardi di euro) è solo la punta di un iceberg. Genovesi ha ragione nel chiamare in causa tutti gli attori coinvolti a una precisa assunzione di responsabilità. Ci vuole una nuova legge, che metta fine a un andazzo non più tollerabile. Anche a questo proposito, però, occorre un'attenta valutazione. La codatorialità è necessaria ma insufficiente, perché interviene quando il danno (la crisi dell'azienda cessionaria) è fatto. Va quindi accompagnata da garanzie preventive che riguardino sia l'autonomia funzionale del ramo d'azienda, sia il consenso dei lavoratori, che debbono poter decidere sul proprio destino.
Una proposta di legge di tal fatta (la n. 2261) è stata depositata alla Camera lo scorso febbraio. Per sollecitarne l'esame da parte della Commissione Lavoro si è sviluppata in queste settimane una mobilitazione spontanea tradottasi già in oltre mille sottoscrizioni* (zanutto.giorgio@libero.it). È il momento di stringere e di passare dalla denuncia all'iniziativa. La precarietà non è fatta solo di tempo determinato e di finte collaborazioni a progetto. È anche il frutto avvelenato di licenziamenti collettivi messi in atto con la complicità di una legge vergognosa.
Alberto Burgio
* (Giorgio Zanutto è il promotore di questa petizione on line)
Una nuova legge sui «rami d'azienda»
Il caso Vodafone. I limiti di una norma pessima peggiorata dalla «legge 30». Da cambiare subito
Dopo il Protocollo sul welfare è toccato all'accordo sulla cessione del servizio clienti di Vodafone al gruppo Comdata. In entrambi i casi le scelte dei vertici sindacali hanno ricevuto il via libera dai referendum indetti tra i lavoratori. È il caso di parlare di successi della partecipazione democratica?
Sul Protocollo ci sono opinioni diverse, sia sulla congruenza del quesito, sia sulle modalità della consultazione, certo non favorevole alla libera espressione delle posizioni critiche. Anche sull'accordo Vodafone-Comdata il giudizio è discorde. L'8 novembre, su queste pagine, Alessandro Genovesi lo ha definito un «importante passo avanti», pur chiarendo che il Slc-Cgil mantiene un giudizio critico sulla cessione. L'accordo conterrebbe buone garanzie per i 914 lavoratori ceduti e il referendum avrebbe garantito la democrazia sindacale. Il giudizio di gran parte dei lavoratori è ben diverso. In primo luogo occorre tenere conto che ai lavoratori non è stata offerta la possibilità di opporsi alla cessione. Il consenso di chi ha accettato l'accordo non implica quindi un giudizio favorevole al trasferimento. Tutt'altro. L'accordo genera precarietà (in Vodafone i contratti erano a tempo indeterminato) e nulla garantisce in merito ad ulteriori eventuali esternalizzazioni. Si parla di sette anni di lavoro garantiti e c'è da sperare che la clausola di co-datorialità inserita nell'accordo (l'obbligo, per chi cede, di garantire la tutela occupazionale dei lavoratori trasferiti) costituisca un paracadute sufficiente. Nulla è stato chiesto né garantito agli altri 8mila dipendenti Vodafone, che ora temono per il proprio futuro. Non stupisce che la consultazione abbia registrato appena il 44,4% dei consensi e l'opposizione di oltre il 41% dei lavoratori, che verranno pertanto ceduti contro la loro volontà.
Detto questo, su un punto non si può non convenire con Genovesi. La normativa vigente in materia (l'art. 2112 del codice civile modificato da un decreto attuativo della legge 30) è pessima, proprio perché consente alle imprese di trattare i propri dipendenti come «sacchi di sabbia». Il punto-chiave è l'assenza di vincoli sul piano dell'autonomia funzionale preesistente alla cessione, che permette all'impresa di trasformare in «ramo d'azienda» e cedere qualsiasi gruppo di dipendenti. Violando un principio in vigore sino al 2001 e ribadito tanto dalla Cassazione quanto dalla Direttiva europea 23/2001. Non solo. Il totale arbitrio delle imprese determina conseguenze dirompenti perché, al contrario, ai lavoratori non è dato opporsi a trasferimenti che spesso mascherano puri e semplici licenziamenti collettivi. Contro questo stato di cose la Corte di Giustizia europea ha sancito la legittimità di normative che prevedano il diritto del lavoratore di «opporsi al trasferimento del suo rapporto di lavoro». Invano, per quel che riguarda il Bel Paese, culla della «buona flessibilità» nella quale il lavoro rischia di vedersi ridotto a variabile dipendente dei processi produttivi.
E difatti il caso Vodafone (una multinazionale che registra utili annui di oltre 4 miliardi di euro) è solo la punta di un iceberg. Genovesi ha ragione nel chiamare in causa tutti gli attori coinvolti a una precisa assunzione di responsabilità. Ci vuole una nuova legge, che metta fine a un andazzo non più tollerabile. Anche a questo proposito, però, occorre un'attenta valutazione. La codatorialità è necessaria ma insufficiente, perché interviene quando il danno (la crisi dell'azienda cessionaria) è fatto. Va quindi accompagnata da garanzie preventive che riguardino sia l'autonomia funzionale del ramo d'azienda, sia il consenso dei lavoratori, che debbono poter decidere sul proprio destino.
Una proposta di legge di tal fatta (la n. 2261) è stata depositata alla Camera lo scorso febbraio. Per sollecitarne l'esame da parte della Commissione Lavoro si è sviluppata in queste settimane una mobilitazione spontanea tradottasi già in oltre mille sottoscrizioni* (zanutto.giorgio@libero.it). È il momento di stringere e di passare dalla denuncia all'iniziativa. La precarietà non è fatta solo di tempo determinato e di finte collaborazioni a progetto. È anche il frutto avvelenato di licenziamenti collettivi messi in atto con la complicità di una legge vergognosa.
Alberto Burgio
* (Giorgio Zanutto è il promotore di questa petizione on line)
martedì 20 novembre 2007
Petizione online per la modifica dell'art. 2112
Appello per chiedere l'approvazione della proposta di legge 2261 del 14 febbraio 2007 recante "modifiche all'articolo 2112 del codice civile in materia di mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento d'azienda o di ramo d'azienda"
Indetta l'assemblea nazionale di settore il 24 novembre a Roma
Sabato prossimo 24 novembre dalle ore 14,30, presso la sala Rossa del X municipio di Roma (piazza Cinecittà 11, fermata metro Subaugusta), si terrà l'assemblea nazionale del settore telecomunicazioni promossa dai lavoratori Vodafone in lotta durante la grande manifestazione dello scorso 19 ottobre. Sarà questo il momento, per i lavoratori Vodafone, di dare seguito al grande movimento costruito contro la precarizzazione subita. Sarà questo il momento per riaffermare che questa partita non è ancora conclusa. Sarà questo il momento per guardarsi intorno e unificare tutte le lotte contro le tante forme di precarizzazione del nostro settore.
Invitiamo pertanto i colleghi di Vodafone, Comdata e di tutte le aziende delle telecomunicazioni, a partecipare a tale iniziativa. Discuteremo tutti insieme i problemi dei lavoratori, quali strategie mettere in campo e analizzeremo se tutta questa precarietà possa essere combattuta anche, ma non solo, con l'indizione di uno sciopero di settore, come proposto dai lavoratori Vodafone nella importante e riuscita manifestazione del 19 ottobre. Oltre ai lavoratori di varie realtà aziendali, hanno per ora aderito:
Rete 28 aprile nella CGIL Vodafone,
Cobas del lavoro privato
FLMU Cub Roma,
Segr. naz. Snater tlc
Invitiamo pertanto i colleghi di Vodafone, Comdata e di tutte le aziende delle telecomunicazioni, a partecipare a tale iniziativa. Discuteremo tutti insieme i problemi dei lavoratori, quali strategie mettere in campo e analizzeremo se tutta questa precarietà possa essere combattuta anche, ma non solo, con l'indizione di uno sciopero di settore, come proposto dai lavoratori Vodafone nella importante e riuscita manifestazione del 19 ottobre. Oltre ai lavoratori di varie realtà aziendali, hanno per ora aderito:
Rete 28 aprile nella CGIL Vodafone,
Cobas del lavoro privato
FLMU Cub Roma,
Segr. naz. Snater tlc
Sciopero in Wind
A seguito dell’esito negativo con cui si sono conclusi gli incontri previsti dalla normativa in vigore in materia di Sciopero, i Cobas del Lavoro Privato indicono uno :
SCIOPERO per l’intero turno di Lavoro
per tutti i Lavoratori del gruppo Wind
VENERDI’ 30 NOVEMBRE 2007
Siamo contrari ai trasferimenti collettivi che si paventano dopo la comunicata intenzione dell’Azienda di trasferire su Roma alcune aree e funzioni. Riteniamo che qualsiasi manovra di tali proporzioni dovrebbe essere considerata dall’azienda a partire dall’impatto sociale che ne conseguirebbe. Solo dopo l’azienda avrebbe qualche credenziale nel dichiarare (come nella comunicazione del 23 ottobre) di voler "gestire questo percorso con la massima attenzione per le persone coinvolte". L’art. 25 del nostro Contratto di Lavoro contempla in questi casi anche la "mobilità professionale", unico contrappeso in grado di evitare sulla sede di Milano una pesante ricaduta occupazionale a seguito di questa eventuale ristrutturazione. In assenza di ogni garanzia occupazionale per la sede di Milano, siamo contrari a questo progetto, comunicato tra l’altro come una decisione gia presa. Siamo altresì contrari ad ulteriori cessioni di ramo d’azienda.
Purtroppo nel settore delle TLC, caratterizzato tra l’altro da grossi margini di profitto, stiamo assistendo ad un accentuarsi delle ristrutturazioni dall’esito nefasto per la stabilità e la dignità del Lavoro Dipendente. Le cessioni di ramo d’azienda avvenute in Wind e Vodafone Italia nel solo 2007 (circa 1.200 persone) sono solo gli ultimi esempi dello scenario che si sta delineando.
Urge una controffensiva di Settore, una maggiore autodeterminazione dei Lavoratori coinvolti.
Il nostro Contratto di Settore si rivela ad oggi uno strumento inadeguato, la politica e le istituzioni (di ogni colore e sfumatura) sembrano ben lontani dal prendere provvedimenti in materia di tutela del Lavoro Dipendente.
Ribadiamo infine la necessità di una scelta accurata per le date di eventuali successive iniziative di Sciopero. In assenza di normativa e trasparenza in materia di consultazione dei Lavoratori e relativamente ai processi decisionali collettivi, invitiamo i Colleghi ad esprimersi in tutti i modi possibili (feedback[at]cobasinwind.it)
Roma, 20 novembre 2007
SCIOPERO per l’intero turno di Lavoro
per tutti i Lavoratori del gruppo Wind
VENERDI’ 30 NOVEMBRE 2007
Siamo contrari ai trasferimenti collettivi che si paventano dopo la comunicata intenzione dell’Azienda di trasferire su Roma alcune aree e funzioni. Riteniamo che qualsiasi manovra di tali proporzioni dovrebbe essere considerata dall’azienda a partire dall’impatto sociale che ne conseguirebbe. Solo dopo l’azienda avrebbe qualche credenziale nel dichiarare (come nella comunicazione del 23 ottobre) di voler "gestire questo percorso con la massima attenzione per le persone coinvolte". L’art. 25 del nostro Contratto di Lavoro contempla in questi casi anche la "mobilità professionale", unico contrappeso in grado di evitare sulla sede di Milano una pesante ricaduta occupazionale a seguito di questa eventuale ristrutturazione. In assenza di ogni garanzia occupazionale per la sede di Milano, siamo contrari a questo progetto, comunicato tra l’altro come una decisione gia presa. Siamo altresì contrari ad ulteriori cessioni di ramo d’azienda.
Purtroppo nel settore delle TLC, caratterizzato tra l’altro da grossi margini di profitto, stiamo assistendo ad un accentuarsi delle ristrutturazioni dall’esito nefasto per la stabilità e la dignità del Lavoro Dipendente. Le cessioni di ramo d’azienda avvenute in Wind e Vodafone Italia nel solo 2007 (circa 1.200 persone) sono solo gli ultimi esempi dello scenario che si sta delineando.
Urge una controffensiva di Settore, una maggiore autodeterminazione dei Lavoratori coinvolti.
Il nostro Contratto di Settore si rivela ad oggi uno strumento inadeguato, la politica e le istituzioni (di ogni colore e sfumatura) sembrano ben lontani dal prendere provvedimenti in materia di tutela del Lavoro Dipendente.
Ribadiamo infine la necessità di una scelta accurata per le date di eventuali successive iniziative di Sciopero. In assenza di normativa e trasparenza in materia di consultazione dei Lavoratori e relativamente ai processi decisionali collettivi, invitiamo i Colleghi ad esprimersi in tutti i modi possibili (feedback[at]cobasinwind.it)
Roma, 20 novembre 2007
sabato 17 novembre 2007
il manifesto: "Il caso Vodafone non è chiuso", il punto dei Cobas Vodafone
Articolo pubblicato il 14/11:
Il caso Vodafone non è chiuso
Bartolomeo Matarazzo
Salvatore Musella *
Lo scellerato accordo per la cessione di 914 lavoratori e lavoratrici è stato firmato senza nessun mandato dei diretti interessati e la presunta consultazione si è svolta in totale spregio alle più elementari regole di democrazia e di partecipazione. Non è stata organizzata con spoglio contemporaneo in tutte le sedi (noi della sede di Napoli, che in massa abbiamo votato contro, siamo stati portati a votare con un risultato già acquisito), ed è mancato il controllo in diverse sedi, oltre che commissioni «super partes». E per finire, lor signori cantano vittoria con un accordo approvato neppure dal 50% degli interessati (solo il 44,42%)!
Dalla «vertenza» Vodafone emerge chiaramente che grazie alla lotta, si era raggiunto un elevatissimo livello di visibilità (in un momento in cui tutta l'opinione pubblica e' più che mai attenta al tema del lavoro precario), e di autonomia del movimento con l'autoconvocazione della manifestazione nazionale a Roma del 19 ottobre per manifestare senza se e senza ma contro la cessione. Ma i sindacati decidono di frenare l'ascesa del movimento sedendosi ad un tavolo di trattative mai chiesto ne voluto dai lavoratori e dalla lavoratrici di Vodafone Italia, offrendo un grande vantaggio all'azienda e alle istituzioni.
Infatti, l'accordo per la cessione di ramo sana le mancanze legali di questa esternalizzazione: nel testo il sindacato legittima e ufficializza che è «trasferimento di ramo» regalando all'azienda la possibilità di difendersi al meglio dai ricorsi legali.
Nell'accordo non c'è alcuna garanzia che non ci siano altre esternalizzazioni per i prossimi 38 mesi (si parla di piano industriale che scade a dicembre 2010) Vodafone conferma che l'attuale piano industriale non prevede altre esternalizzazioni, ma i piani industriali vengono rivisti più volte a distanza di pochi mesi e non c'è alcun impegno specifico da parte dell'azienda a non attuare nuove cessioni. A riprova di ciò il lapidario comunicato di Vodafone all'indomani della trattativa, apparso sulle pagine di questo stesso giornale. La presunta illicenziabilità per 7 anni (e dopo?) svanisce di fronte all'ambiguità delle responsabilità di Vodafone, Comdata e controllate per non parlare poi del fatto che possiamo essere spostati dalla commessa Vodafone allo scioglipancia.
Ma sopratutto questo accordo era contro i lavoratori e le lavoratrici che volevano combattere questa cessione per generalizzare una battaglia contro tutte quelle leggi che consentono la frantumazione del lavoro «stabile» e lo sfruttamento del lavoro precario.
Per finire, non siamo né piegati né soprafatti dallo sconforto! La questione Vodafone/Comdata non è chiusa.
Dopo lo sciopero generale del 9 novembre torneremo nelle piazze, con i nostri cartelli vendesi, con la nostra sana e frizzante voglia di vivere, a gridare la nostra rabbia, a gridare ai signori che ci governano e a quelli che fingono di rappresentarci che con questo spregevole accordo non hanno sopito la lotta. Restiamo ancora un «caso sociale», come lo sono gli «esternalizzati» di Wind e quelli di Telecom Italia, e tutti i precari e le precarie delle telecomunicazioni e proseguiremo le iniziative di lotta fino a che tutti i «ceduti» non saranno rientrati in Vodafone.
E il prossimo appuntamento sarà, come richiesto a viva voce nelle mobilitazioni di questi ultimi due mesi, l'indispensabile sciopero di settore da realizzare con tutti quelli che non obbediscono supinamente ai diktat delle segreterie, dei padroni e delle istituzioni. Perché l'unico modo di contrastare la piaga della precarizzazione che flagella il nostro settore, ingordo di profitti e ricco di precarietà, è che tutti ci rendiamo conto di essere una «cosa sola» tutti insieme ci muoviamo per riprenderci la nostra vita perché non volgiamo più essere le loro merci.
* Cobas Vodafone
Il caso Vodafone non è chiuso
Bartolomeo Matarazzo
Salvatore Musella *
Lo scellerato accordo per la cessione di 914 lavoratori e lavoratrici è stato firmato senza nessun mandato dei diretti interessati e la presunta consultazione si è svolta in totale spregio alle più elementari regole di democrazia e di partecipazione. Non è stata organizzata con spoglio contemporaneo in tutte le sedi (noi della sede di Napoli, che in massa abbiamo votato contro, siamo stati portati a votare con un risultato già acquisito), ed è mancato il controllo in diverse sedi, oltre che commissioni «super partes». E per finire, lor signori cantano vittoria con un accordo approvato neppure dal 50% degli interessati (solo il 44,42%)!
Dalla «vertenza» Vodafone emerge chiaramente che grazie alla lotta, si era raggiunto un elevatissimo livello di visibilità (in un momento in cui tutta l'opinione pubblica e' più che mai attenta al tema del lavoro precario), e di autonomia del movimento con l'autoconvocazione della manifestazione nazionale a Roma del 19 ottobre per manifestare senza se e senza ma contro la cessione. Ma i sindacati decidono di frenare l'ascesa del movimento sedendosi ad un tavolo di trattative mai chiesto ne voluto dai lavoratori e dalla lavoratrici di Vodafone Italia, offrendo un grande vantaggio all'azienda e alle istituzioni.
Infatti, l'accordo per la cessione di ramo sana le mancanze legali di questa esternalizzazione: nel testo il sindacato legittima e ufficializza che è «trasferimento di ramo» regalando all'azienda la possibilità di difendersi al meglio dai ricorsi legali.
Nell'accordo non c'è alcuna garanzia che non ci siano altre esternalizzazioni per i prossimi 38 mesi (si parla di piano industriale che scade a dicembre 2010) Vodafone conferma che l'attuale piano industriale non prevede altre esternalizzazioni, ma i piani industriali vengono rivisti più volte a distanza di pochi mesi e non c'è alcun impegno specifico da parte dell'azienda a non attuare nuove cessioni. A riprova di ciò il lapidario comunicato di Vodafone all'indomani della trattativa, apparso sulle pagine di questo stesso giornale. La presunta illicenziabilità per 7 anni (e dopo?) svanisce di fronte all'ambiguità delle responsabilità di Vodafone, Comdata e controllate per non parlare poi del fatto che possiamo essere spostati dalla commessa Vodafone allo scioglipancia.
Ma sopratutto questo accordo era contro i lavoratori e le lavoratrici che volevano combattere questa cessione per generalizzare una battaglia contro tutte quelle leggi che consentono la frantumazione del lavoro «stabile» e lo sfruttamento del lavoro precario.
Per finire, non siamo né piegati né soprafatti dallo sconforto! La questione Vodafone/Comdata non è chiusa.
Dopo lo sciopero generale del 9 novembre torneremo nelle piazze, con i nostri cartelli vendesi, con la nostra sana e frizzante voglia di vivere, a gridare la nostra rabbia, a gridare ai signori che ci governano e a quelli che fingono di rappresentarci che con questo spregevole accordo non hanno sopito la lotta. Restiamo ancora un «caso sociale», come lo sono gli «esternalizzati» di Wind e quelli di Telecom Italia, e tutti i precari e le precarie delle telecomunicazioni e proseguiremo le iniziative di lotta fino a che tutti i «ceduti» non saranno rientrati in Vodafone.
E il prossimo appuntamento sarà, come richiesto a viva voce nelle mobilitazioni di questi ultimi due mesi, l'indispensabile sciopero di settore da realizzare con tutti quelli che non obbediscono supinamente ai diktat delle segreterie, dei padroni e delle istituzioni. Perché l'unico modo di contrastare la piaga della precarizzazione che flagella il nostro settore, ingordo di profitti e ricco di precarietà, è che tutti ci rendiamo conto di essere una «cosa sola» tutti insieme ci muoviamo per riprenderci la nostra vita perché non volgiamo più essere le loro merci.
* Cobas Vodafone
Slc Cgil, Fistel Cisl, Uilcom Uil: - "Nuove norme per le cessioni di ramo d'azienda"
Salvaguardare i perimetri aziendali per scommettere sullo sviluppo industriale e sulla qualità. Definire nuove norme per tutelare i lavoratori nelle cessioni di rami d’azienda.
Come SLC-CGIL, FISTEL-CISL, UILCOM-UIL ci confrontiamo non da oggi con il delicato tema delle cessioni di ramo d’azienda. Negli ultimi tempi, in particolare nel settore delle telecomunicazioni, siamo stati protagonisti di vertenze difficili e complesse che ci hanno spinto ad una riflessione: le attuali norme legislative, nate per tutelare i lavoratori, sono divenute in realtà con il passare degli anni un possibile strumento in mano alle imprese per mascherare licenziamenti collettivi -magari dilazionati nel tempo- e per ridurre i perimetri aziendali.
Siamo quindi partiti dalla nostra esperienza e dalle nostre attuali valutazioni: il settore delle TLC sta attraversando una fase di profonda riorganizzazione, esprimendo un modello di impresa che non condividiamo.
Per noi l’integrazione verticale è premessa per garantire le capacità di sviluppare processi e prodotti basati sulla convergenza e su nuovi servizi, sulla personalizzazione delle offerte, su una maggiore cura del cliente, sullo sviluppo dell’Information Tecnology. Uno sviluppo industriale di qualità delle imprese di TLC è quindi possibile solo salvaguardando gli attuali perimetri aziendali e disincentivando strategie basate sulla riduzione del costo del lavoro e dei diritti. Da questa nostra strategia basata sullo sviluppo industriale e sulla qualità per mantenere e far crescere il settore delle TLC siamo quindi partiti, giudicando nefasta la possibilità offerta all’impresa dalle attuali norme, di smontarsi a proprio piacimento (incentivando tra l’altro il nanismo industriale).
Occorre, per noi, una nuova legislazione che possa permettere a tutti di distinguere, senza pregiudiziali ideologiche, tra cessioni di rami d’azienda che siano realmente autonomi e funzionali ad una maggiore specializzazione produttiva (e quindi anche ad un crescita nel tempo della qualità produttiva e dell’occupazione), da cessioni finalizzate esclusivamente alla riduzione dei perimetri aziendali e destinate a creare “scatole vuote”, senza ragione di essere se non quella di ridurre l’occupazione nelle imprese cedenti.
Quello che infatti oggi manca nel nostro ordinamento - come scrivemmo già nella lettera che in data 20 febbraio 2007 inviammo al Ministro del Lavoro - è un sistema di tutele adatte a permettere questa distinzione e quindi a poter valutare il merito industriale di ogni scelta, senza il ricatto dei licenziamenti camuffati.
Come SLC-CGIL, FISTEL-CISL, UILCOM-UIL mettiamo allora a disposizione delle Confederazioni Nazionali, del Parlamento e dei principali partiti di Governo le seguenti proposte, consapevoli che - se l’art. 32 del dlgs. 276/03 ha peggiorato la norma prevista dall’articolo 2112 del Codice civile, sostituendo il requisito dell’autonomia funzionale preesistente con un più incerto requisito di autonomia funzionale “identificata come tale dal cedente e dal cessionario al momento del suo trasferimento” – limiti normativi erano ben presenti anche nella vecchia formulazione del Codice Civile.
Nello specifico chiediamo che:
1. venga abrogato l’articolo 32 del dlgs. 276/03, ripristinando il concetto di autonomia funzionale preesistente, al fine di dare anche maggiore stabilità e visibilità all’organizzazione dei cicli produttivi;
2. venga riconosciuto per legge il principio della responsabilità solidale che vincoli il cedente e il cessionario a garantire la totale stabilità occupazionale all’interno del ramo ceduto, per almeno l’intera durata dei contratti di servizio e comunque per un periodo di tempo minimo di 48-72 mesi dal momento della cessione;
3. venga riconosciuto per legge un periodo per il confronto sindacale prima della cessione superiore a quanto previsto dalla legge 428/90, per permettere una più attenta analisi delle ricadute produttive e sociali del trasferimento, soprattutto per quelle imprese titolari di licenze pubbliche o comunque che operano su servizi di interesse generale.
Solo sancendo infatti tutele per cui, in caso di cessione di ramo d’azienda, non vi siano nel medio periodo riduzioni sul costo del lavoro e sui diritti, si potrà sviluppare un rapporto tra le parti sociali e tra le imprese ed i lavoratori basato esclusivamente sulla condivisione o meno dei progetti industriali e quindi giungere ad un rapporto più equilibrato tra le legittime scelte delle aziende e l’esigenza di maggiori certezze da parte dei lavoratori.
Questi sono i principi che dovrebbero per noi caratterizzazione un nuova legge in materia di terziarizzazioni. In particolare il principio di una comune responsabilità tra cedente e cessionario ai fini di una piena tutela contro i licenziamenti collettivi è stato riconosciuto per la prima volta e dopo una forte mobilitazione sindacale, in un importante accordo sottoscritto recentemente presso il Ministero dello Sviluppo Economico dalle tre categorie e le società Vodafone-Comdata e che siamo certi peserà positivamente nel settore e nei confronti del mondo delle imprese.
Ma proprio la bontà dell’accordo e del fatto che tale principio viene ora riconosciuti da parte anche di grandi imprese multinazionali rende ancora urgente un intervento normativa e più forti le nostre ragioni, a tutela dell’intero mondo del lavoro.
Roma 16/11/07
Le Segreterie Nazionali di SLC-CGIL, FISTEL-CISL, UILCOM-UIL
Come SLC-CGIL, FISTEL-CISL, UILCOM-UIL ci confrontiamo non da oggi con il delicato tema delle cessioni di ramo d’azienda. Negli ultimi tempi, in particolare nel settore delle telecomunicazioni, siamo stati protagonisti di vertenze difficili e complesse che ci hanno spinto ad una riflessione: le attuali norme legislative, nate per tutelare i lavoratori, sono divenute in realtà con il passare degli anni un possibile strumento in mano alle imprese per mascherare licenziamenti collettivi -magari dilazionati nel tempo- e per ridurre i perimetri aziendali.
Siamo quindi partiti dalla nostra esperienza e dalle nostre attuali valutazioni: il settore delle TLC sta attraversando una fase di profonda riorganizzazione, esprimendo un modello di impresa che non condividiamo.
Per noi l’integrazione verticale è premessa per garantire le capacità di sviluppare processi e prodotti basati sulla convergenza e su nuovi servizi, sulla personalizzazione delle offerte, su una maggiore cura del cliente, sullo sviluppo dell’Information Tecnology. Uno sviluppo industriale di qualità delle imprese di TLC è quindi possibile solo salvaguardando gli attuali perimetri aziendali e disincentivando strategie basate sulla riduzione del costo del lavoro e dei diritti. Da questa nostra strategia basata sullo sviluppo industriale e sulla qualità per mantenere e far crescere il settore delle TLC siamo quindi partiti, giudicando nefasta la possibilità offerta all’impresa dalle attuali norme, di smontarsi a proprio piacimento (incentivando tra l’altro il nanismo industriale).
Occorre, per noi, una nuova legislazione che possa permettere a tutti di distinguere, senza pregiudiziali ideologiche, tra cessioni di rami d’azienda che siano realmente autonomi e funzionali ad una maggiore specializzazione produttiva (e quindi anche ad un crescita nel tempo della qualità produttiva e dell’occupazione), da cessioni finalizzate esclusivamente alla riduzione dei perimetri aziendali e destinate a creare “scatole vuote”, senza ragione di essere se non quella di ridurre l’occupazione nelle imprese cedenti.
Quello che infatti oggi manca nel nostro ordinamento - come scrivemmo già nella lettera che in data 20 febbraio 2007 inviammo al Ministro del Lavoro - è un sistema di tutele adatte a permettere questa distinzione e quindi a poter valutare il merito industriale di ogni scelta, senza il ricatto dei licenziamenti camuffati.
Come SLC-CGIL, FISTEL-CISL, UILCOM-UIL mettiamo allora a disposizione delle Confederazioni Nazionali, del Parlamento e dei principali partiti di Governo le seguenti proposte, consapevoli che - se l’art. 32 del dlgs. 276/03 ha peggiorato la norma prevista dall’articolo 2112 del Codice civile, sostituendo il requisito dell’autonomia funzionale preesistente con un più incerto requisito di autonomia funzionale “identificata come tale dal cedente e dal cessionario al momento del suo trasferimento” – limiti normativi erano ben presenti anche nella vecchia formulazione del Codice Civile.
Nello specifico chiediamo che:
1. venga abrogato l’articolo 32 del dlgs. 276/03, ripristinando il concetto di autonomia funzionale preesistente, al fine di dare anche maggiore stabilità e visibilità all’organizzazione dei cicli produttivi;
2. venga riconosciuto per legge il principio della responsabilità solidale che vincoli il cedente e il cessionario a garantire la totale stabilità occupazionale all’interno del ramo ceduto, per almeno l’intera durata dei contratti di servizio e comunque per un periodo di tempo minimo di 48-72 mesi dal momento della cessione;
3. venga riconosciuto per legge un periodo per il confronto sindacale prima della cessione superiore a quanto previsto dalla legge 428/90, per permettere una più attenta analisi delle ricadute produttive e sociali del trasferimento, soprattutto per quelle imprese titolari di licenze pubbliche o comunque che operano su servizi di interesse generale.
Solo sancendo infatti tutele per cui, in caso di cessione di ramo d’azienda, non vi siano nel medio periodo riduzioni sul costo del lavoro e sui diritti, si potrà sviluppare un rapporto tra le parti sociali e tra le imprese ed i lavoratori basato esclusivamente sulla condivisione o meno dei progetti industriali e quindi giungere ad un rapporto più equilibrato tra le legittime scelte delle aziende e l’esigenza di maggiori certezze da parte dei lavoratori.
Questi sono i principi che dovrebbero per noi caratterizzazione un nuova legge in materia di terziarizzazioni. In particolare il principio di una comune responsabilità tra cedente e cessionario ai fini di una piena tutela contro i licenziamenti collettivi è stato riconosciuto per la prima volta e dopo una forte mobilitazione sindacale, in un importante accordo sottoscritto recentemente presso il Ministero dello Sviluppo Economico dalle tre categorie e le società Vodafone-Comdata e che siamo certi peserà positivamente nel settore e nei confronti del mondo delle imprese.
Ma proprio la bontà dell’accordo e del fatto che tale principio viene ora riconosciuti da parte anche di grandi imprese multinazionali rende ancora urgente un intervento normativa e più forti le nostre ragioni, a tutela dell’intero mondo del lavoro.
Roma 16/11/07
Le Segreterie Nazionali di SLC-CGIL, FISTEL-CISL, UILCOM-UIL
giovedì 15 novembre 2007
RSU Bologna: - "Le prossime tappe per tenere alta l'attenzione e unito il fronte dei lavoratori"
Ciao,
il 9 novembre scorso e’ stato comunicato lo scioglimento della riserva circa l’ipotesi d’accordo relativa alla vertenza sull’esternalizzazione dei nostri colleghi.
Dopo la battuta d’arresto segnata dall’approvazione dell’ipotesi d’accordo, la Rsu ha lavorato in questi giorni per cercare di tenere alta l'attenzione e unito un fronte amplissimo di consensi consapevole e mediaticamente visibile, che possa funzionare da deterrente e motore per cercare di imporre qualsiasi cambiamento o novita’.
Abbiamo valutato e condiviso, insieme a delegati e lavoratori del gruppo e del settore, una serie di iniziative da mettere in campo nelle prossime settimane.
Sabato 24 novembre a Roma si terra’ un’assemblea di settore organizzata da delegati e lavoratori di Vodafone Italia alla quale parteciperanno anche colleghi di altre aziende delle telecomunicazioni aperta a tutti per discutere della nostra vertenza, della piu’ ampia lotta al precariato e a tutte le forme di precarizzazione del lavoro operate nel nostro settore.
Concorreremo cosi’ alla discussione dei passi necessari da intraprendere per arrivare anche allo sciopero di settore, da tanto tempo promesso e finora mai realizzato: questo sarebbe stato lo sbocco naturale alla nostra controversa e discussa vertenza; oggi resta un passo necessario e centrale, anche se non esaustivo, affinche’ vengano apportate quelle modifiche al quadro normativo per impedire alle aziende di riprodurre altre operazioni simili.
Circa la specifica vicenda della esternalizzazione Vodafone la partita non e’ chiusa: ci saranno le azioni legali di colleghi che ricorreranno all`ultimo strumento in loro possesso per fare chiarezza su tutta la vicenda. Noi non possiamo abbandonarli, e seppur simbolicamente (non essendo direttamente coinvolti come sede) contribuiremo a sostenere le spese legali del caso: anche per questo organizzeremo una “festa dei lavoratori Vodafone Bologna” (si pensava a lunedi’ 10 dicembre).
Ci sono poi problematiche come la questione occupazionale che non possono essere piu’ rimandate: la nostra azienda non assume piu’ da anni; nonostante i risultati economici incredibili esternalizza dipendenti; vede diminuire drasticamente mese dopo mese gli occupati: e’ chiaro come tutto questo ci esponga a nuove operazioni di precarizzazione del lavoro e taglio del personale.
A tal proposito l’altro ieri nel direttivo della Cgil e’ stata nuovamente posta questa questione alla presenza dei segretari Provinciale, Regionale e Nazionale. Dobbiamo incalzare e lavorare affinche’ queste questioni siano seriamente affrontate, non vorremmo ritrovarci a rivestire il solito ruolo di Cassandre.
Domani 16 novembre ci sara’ l’importante sciopero nazionale dei metalmeccanici per il rinnovo del loro CCNL. I lavoratori e i delegati di Vodafone Bologna ci saranno compatibilmente con il turno di lavoro essendo per tutti noi giornata lavorativa; il concentramento e’ previsto in porta Saragozza alle ore 9,00.
Per chi volesse aderire puo’ contattare anche i delegati Daniele Americola, Alessandro Borroni, Gabriele Cesari, Giorgio Paglieri.
Il 21 novembre, inoltre, e’ stato convocato un attivo regionale dei delegati CGIL dell’Emilia Romagna alla presenza della Segreteria Nazionale.
Cercheremo anche in quella sede di organizzarci con gli altri delegati delle aziende di telecomunicazione per promuovere iniziative in linea con quelle piu` volte sostenute in questi mesi dai lavoratori di Vodafone Bologna nelle assemblee, anche con o.d.g. e dai delegati nei direttivi, circa l’estensione della vertenza a tutto il settore.
Il quadro normativo che regola strumenti di flessibilita’ e precarieta’ va’ cambiato e occorre agire per ottenere questo risultato, producendo atti e fatti concreti.
Non ci si puo’ piu’ limitare a prendere atto dei problemi, o a cercare di governarli rincorrendoli, ma mettere in campo azioni sindacali efficaci e incisive, che facciano del consenso e del rispetto della volonta’ e delle sensibilita’ di chi lavora la propria Stella Polare.
RSU Bologna
il 9 novembre scorso e’ stato comunicato lo scioglimento della riserva circa l’ipotesi d’accordo relativa alla vertenza sull’esternalizzazione dei nostri colleghi.
Dopo la battuta d’arresto segnata dall’approvazione dell’ipotesi d’accordo, la Rsu ha lavorato in questi giorni per cercare di tenere alta l'attenzione e unito un fronte amplissimo di consensi consapevole e mediaticamente visibile, che possa funzionare da deterrente e motore per cercare di imporre qualsiasi cambiamento o novita’.
Abbiamo valutato e condiviso, insieme a delegati e lavoratori del gruppo e del settore, una serie di iniziative da mettere in campo nelle prossime settimane.
Sabato 24 novembre a Roma si terra’ un’assemblea di settore organizzata da delegati e lavoratori di Vodafone Italia alla quale parteciperanno anche colleghi di altre aziende delle telecomunicazioni aperta a tutti per discutere della nostra vertenza, della piu’ ampia lotta al precariato e a tutte le forme di precarizzazione del lavoro operate nel nostro settore.
Concorreremo cosi’ alla discussione dei passi necessari da intraprendere per arrivare anche allo sciopero di settore, da tanto tempo promesso e finora mai realizzato: questo sarebbe stato lo sbocco naturale alla nostra controversa e discussa vertenza; oggi resta un passo necessario e centrale, anche se non esaustivo, affinche’ vengano apportate quelle modifiche al quadro normativo per impedire alle aziende di riprodurre altre operazioni simili.
Circa la specifica vicenda della esternalizzazione Vodafone la partita non e’ chiusa: ci saranno le azioni legali di colleghi che ricorreranno all`ultimo strumento in loro possesso per fare chiarezza su tutta la vicenda. Noi non possiamo abbandonarli, e seppur simbolicamente (non essendo direttamente coinvolti come sede) contribuiremo a sostenere le spese legali del caso: anche per questo organizzeremo una “festa dei lavoratori Vodafone Bologna” (si pensava a lunedi’ 10 dicembre).
Ci sono poi problematiche come la questione occupazionale che non possono essere piu’ rimandate: la nostra azienda non assume piu’ da anni; nonostante i risultati economici incredibili esternalizza dipendenti; vede diminuire drasticamente mese dopo mese gli occupati: e’ chiaro come tutto questo ci esponga a nuove operazioni di precarizzazione del lavoro e taglio del personale.
A tal proposito l’altro ieri nel direttivo della Cgil e’ stata nuovamente posta questa questione alla presenza dei segretari Provinciale, Regionale e Nazionale. Dobbiamo incalzare e lavorare affinche’ queste questioni siano seriamente affrontate, non vorremmo ritrovarci a rivestire il solito ruolo di Cassandre.
Domani 16 novembre ci sara’ l’importante sciopero nazionale dei metalmeccanici per il rinnovo del loro CCNL. I lavoratori e i delegati di Vodafone Bologna ci saranno compatibilmente con il turno di lavoro essendo per tutti noi giornata lavorativa; il concentramento e’ previsto in porta Saragozza alle ore 9,00.
Per chi volesse aderire puo’ contattare anche i delegati Daniele Americola, Alessandro Borroni, Gabriele Cesari, Giorgio Paglieri.
Il 21 novembre, inoltre, e’ stato convocato un attivo regionale dei delegati CGIL dell’Emilia Romagna alla presenza della Segreteria Nazionale.
Cercheremo anche in quella sede di organizzarci con gli altri delegati delle aziende di telecomunicazione per promuovere iniziative in linea con quelle piu` volte sostenute in questi mesi dai lavoratori di Vodafone Bologna nelle assemblee, anche con o.d.g. e dai delegati nei direttivi, circa l’estensione della vertenza a tutto il settore.
Il quadro normativo che regola strumenti di flessibilita’ e precarieta’ va’ cambiato e occorre agire per ottenere questo risultato, producendo atti e fatti concreti.
Non ci si puo’ piu’ limitare a prendere atto dei problemi, o a cercare di governarli rincorrendoli, ma mettere in campo azioni sindacali efficaci e incisive, che facciano del consenso e del rispetto della volonta’ e delle sensibilita’ di chi lavora la propria Stella Polare.
RSU Bologna
domenica 11 novembre 2007
09/11 - Sciopero generale indetto dai sindacati di base
Alla manifestazione di Bologna nel giorno dello sciopero generale indetto dal sindacalismo di base era presente uno spezzone di lavoratori Vodafone. Il corteo è passato davanti al Vodafone One di Via Ugo Bassi e davanti alla camera del lavoro, il servizio al tg3 regionale si è concluso con le immagini dei lavoratori Vodafone.
Altre immagini e video di bulaggna.
Altre immagini e video di bulaggna.
venerdì 9 novembre 2007
Genovesi: - "L'accordo Vodafone un punto di riferimento. Ora si cambi l'art. 2112"
Editoriale del segretario nazionale di Slc Cgil Alessandro Genovesi sul manifesto dell'8 novembre.
Dopo l'approvazione dell'ipotesi di accordo da parte della maggioranza dei lavoratori interessati, ieri è stato ufficialmente siglato tra la Vodafone e il gruppo Comdata il contratto per la cessione di un ramo d'azienda che coinvolge 914 ormai ex lavoratori della multinazionale inglese. La vertenza Vodafone segna un importante passo avanti, garantendo tutele e diritti significativi ai lavoratori oggetto della cessione e rappresentando un primo punto di riferimento sia per le altre imprese titolari di licenza (Telecom, Wind, 3 Italia) che per i tanti call center in outsourcing.
In particolare se anche questa esperienza dimostra l'importanza di garantire sempre - tramite referendum - la libera espressione dei lavoratori, dall'altro ci consegna una riflessione per il futuro che dovrà coinvolgere i lavoratori di tutto il settore, anche al di là dell'importanza di validare democraticamente le diverse ipotesi di accordo. L'iniziativa politica e quella sindacale debbono oggi, infatti, andare sempre più di pari passo in tema di esternalizzazioni, cercando coerentemente di ristabilire un primato del lavoro rispetto alle pure logiche del mercato, e chiamando tutti alle proprie responsabilità: partiti, istituzioni, imprese.
La cessione delle attività di back office da parte di Vodafone, tramite il trasferimento di un ramo d'azienda a Comdata, rimane infatti un progetto che non abbiamo condiviso e rimane tutta in piedi la battaglia che come Slc Cgil, da mesi, portiamo avanti contro le norme introdotte dal dlgs. 276/03 e che hanno ridotto le tutele previste dall'art. 2112 del Codice Civile.
Una battaglia che ci vede impegnati, unitariamente con Fistel-Cisl e Uilcom-Uil, sin da quando con la cessione del call center Wind di Sesto San Giovanni abbiamo elaborato una proposta che non solo chiede di ripristinare il principio dell'autonomia funzionale presistente (principio modificato dalla legge del centrodestra), ma che chiede anche e soprattutto di inserire quelle garanzie che mancavano già prima della legge 30 e, in assenza delle quali, la cessione di ramo d'azienda troppe volte tende a mascherare potenziali licenziamenti collettivi.
Chiediamo allora che sia inserita, nella nozione di cessione di ramo d'azienda, il principio della codatorialità: cioè di una responsabilità del cedente nel garantire la totale tutela occupazionale dei lavoratori ceduti per la durata della commessa (e comunque per almeno 48 mesi), al fine di poter distinguere (ancor prima di condividere o meno il progetto industriale) tra terziarizzazioni per specializzazione produttiva e meri "trucchi" per gestire esuberi.
Un principio, quello della responsabilità del cedente, che siamo riusciti a conquistare sindacalmente nell'accordo Vodofone (illicenziabilità per tutta la durata della commessa pari a 7 anni, riconoscimento del legame tra lavoratore ed attività e conseguenti tutele in caso di recessione del contratto, di possibile fallimento del cessionario, di trasferimento di attività ad altri, ecc.), grazie alle mobilitazioni dei lavoratori e all'impegno di molti soggetti in campo, e che deve ora servire però non solo a tutelare tutti gli altri lavoratori del settore, ma anche a spingere la politica a riconoscere maggiori tutele nella legge.
L'accordo Vodafone infatti rende più forti le nostre rivendicazioni, dimostra che è possibile costringere anche una multinazionale ricca e forte ad assumersi le proprie responsabilità sociali, ma serve una nuova legge. Serve un intervento specifico cioè, in coerenza con il programma presentato dal Governo agli elettori, che abbia il coraggio di mettere le mani su una presunta sovranità dell'impresa che troppe volte sconfina nell'irresponsabilità, nel trasferire sui lavoratori il rischio di mercato.
Dopo l'approvazione dell'ipotesi di accordo da parte della maggioranza dei lavoratori interessati, ieri è stato ufficialmente siglato tra la Vodafone e il gruppo Comdata il contratto per la cessione di un ramo d'azienda che coinvolge 914 ormai ex lavoratori della multinazionale inglese. La vertenza Vodafone segna un importante passo avanti, garantendo tutele e diritti significativi ai lavoratori oggetto della cessione e rappresentando un primo punto di riferimento sia per le altre imprese titolari di licenza (Telecom, Wind, 3 Italia) che per i tanti call center in outsourcing.
In particolare se anche questa esperienza dimostra l'importanza di garantire sempre - tramite referendum - la libera espressione dei lavoratori, dall'altro ci consegna una riflessione per il futuro che dovrà coinvolgere i lavoratori di tutto il settore, anche al di là dell'importanza di validare democraticamente le diverse ipotesi di accordo. L'iniziativa politica e quella sindacale debbono oggi, infatti, andare sempre più di pari passo in tema di esternalizzazioni, cercando coerentemente di ristabilire un primato del lavoro rispetto alle pure logiche del mercato, e chiamando tutti alle proprie responsabilità: partiti, istituzioni, imprese.
La cessione delle attività di back office da parte di Vodafone, tramite il trasferimento di un ramo d'azienda a Comdata, rimane infatti un progetto che non abbiamo condiviso e rimane tutta in piedi la battaglia che come Slc Cgil, da mesi, portiamo avanti contro le norme introdotte dal dlgs. 276/03 e che hanno ridotto le tutele previste dall'art. 2112 del Codice Civile.
Una battaglia che ci vede impegnati, unitariamente con Fistel-Cisl e Uilcom-Uil, sin da quando con la cessione del call center Wind di Sesto San Giovanni abbiamo elaborato una proposta che non solo chiede di ripristinare il principio dell'autonomia funzionale presistente (principio modificato dalla legge del centrodestra), ma che chiede anche e soprattutto di inserire quelle garanzie che mancavano già prima della legge 30 e, in assenza delle quali, la cessione di ramo d'azienda troppe volte tende a mascherare potenziali licenziamenti collettivi.
Chiediamo allora che sia inserita, nella nozione di cessione di ramo d'azienda, il principio della codatorialità: cioè di una responsabilità del cedente nel garantire la totale tutela occupazionale dei lavoratori ceduti per la durata della commessa (e comunque per almeno 48 mesi), al fine di poter distinguere (ancor prima di condividere o meno il progetto industriale) tra terziarizzazioni per specializzazione produttiva e meri "trucchi" per gestire esuberi.
Un principio, quello della responsabilità del cedente, che siamo riusciti a conquistare sindacalmente nell'accordo Vodofone (illicenziabilità per tutta la durata della commessa pari a 7 anni, riconoscimento del legame tra lavoratore ed attività e conseguenti tutele in caso di recessione del contratto, di possibile fallimento del cessionario, di trasferimento di attività ad altri, ecc.), grazie alle mobilitazioni dei lavoratori e all'impegno di molti soggetti in campo, e che deve ora servire però non solo a tutelare tutti gli altri lavoratori del settore, ma anche a spingere la politica a riconoscere maggiori tutele nella legge.
L'accordo Vodafone infatti rende più forti le nostre rivendicazioni, dimostra che è possibile costringere anche una multinazionale ricca e forte ad assumersi le proprie responsabilità sociali, ma serve una nuova legge. Serve un intervento specifico cioè, in coerenza con il programma presentato dal Governo agli elettori, che abbia il coraggio di mettere le mani su una presunta sovranità dell'impresa che troppe volte sconfina nell'irresponsabilità, nel trasferire sui lavoratori il rischio di mercato.
09/11 - Lavoratori autorganizzati di Milano per lo sciopero generale
"UNA VOCE DA MILANO PER CONTINUARE AD OPPORSI!"
Preso atto che:
· L'iter che ha portato all'ipotesi d'accordo sulla cessione non è stato assolutamente condiviso dai lavoratori
· L'esito del voto esprime una maggioranza relativa e fortemente condizionata anche da pressioni aziendali eticamente e legalmente inaccettabili
ribadiamo con fermezza la nostra contrarietà alla cessione di (presunto) ramo d'azienda e, in generale, a qualsiasi strumento o legge che incoraggi le aziende a rendere sempre più precari i lavoratori.
In virtù di quanto scritto, crediamo che questa lotta non sia per niente terminata!
Per questo motivo ci stiamo già mobilitando per costruire tutte le iniziative necessarie per sostenerla, ad iniziare dall'adesione allo sciopero del 9/11 contro la precarietà.
Vogliamo dare da subito un segnale forte e chiaro sfilando in corteo con tutti i lavoratori del settore che aderiscono alla manifestazione con ritrovo in L.rgo Cairoli alle ore 9.30
Invitiamo tutti a partecipare per urlare il nostro "NO" perche' solo uniti saremo vincitori.
Lavoratrici e lavoratori autorganizzati di Vodafone contro tutte le esternalizzazioni
Preso atto che:
· L'iter che ha portato all'ipotesi d'accordo sulla cessione non è stato assolutamente condiviso dai lavoratori
· L'esito del voto esprime una maggioranza relativa e fortemente condizionata anche da pressioni aziendali eticamente e legalmente inaccettabili
ribadiamo con fermezza la nostra contrarietà alla cessione di (presunto) ramo d'azienda e, in generale, a qualsiasi strumento o legge che incoraggi le aziende a rendere sempre più precari i lavoratori.
In virtù di quanto scritto, crediamo che questa lotta non sia per niente terminata!
Per questo motivo ci stiamo già mobilitando per costruire tutte le iniziative necessarie per sostenerla, ad iniziare dall'adesione allo sciopero del 9/11 contro la precarietà.
Vogliamo dare da subito un segnale forte e chiaro sfilando in corteo con tutti i lavoratori del settore che aderiscono alla manifestazione con ritrovo in L.rgo Cairoli alle ore 9.30
Invitiamo tutti a partecipare per urlare il nostro "NO" perche' solo uniti saremo vincitori.
Lavoratrici e lavoratori autorganizzati di Vodafone contro tutte le esternalizzazioni
mercoledì 7 novembre 2007
Call Strike
Venerdì prossimo, nell'ambito della giornata di mobiliazione indetta dai Cobas, ci sarà anche un'iniziativa congiunta di lavoratori Vodafone e Wind promossa dall'"Unione delle associazioni dei parenti delle vittime delle esternalizzazioni":
Mentre le aziende dichiarano di perseguire il "Core Business" dimostrando che solo i profitti stanno loro a cuore, centinaia di lavoratori vengono esternalizzati. Ai dirigenti le stock options, ai dipendenti lo stesso lavoro altrove e precarizzato.
Le associazioni dei parenti delle vittime delle esternalizzazioni lanciano un appello affinché tutta la cittadinanza faccia sentire il proprio sdegno.
Se i gestori telefonici si ostinano nella loro diabolica volontà d'esternalizzare mandiamo un segnale forte e chiaro:
Partecipiamo al Call Strike in solidarietà con le lavoratrici e i lavoratori Wind e Vodafone, venerdì 9 novembre dalle ore 9:00 alle ore 13:00 contatta i numeri 190 e 800227755 per Vodafone, il 156 e il 159 per Wind.
Aguzziamo le orecchie, alziamo le cornette, agitiamo i cellulari, intasiamo le linee.
Mentre le aziende dichiarano di perseguire il "Core Business" dimostrando che solo i profitti stanno loro a cuore, centinaia di lavoratori vengono esternalizzati. Ai dirigenti le stock options, ai dipendenti lo stesso lavoro altrove e precarizzato.
Le associazioni dei parenti delle vittime delle esternalizzazioni lanciano un appello affinché tutta la cittadinanza faccia sentire il proprio sdegno.
Se i gestori telefonici si ostinano nella loro diabolica volontà d'esternalizzare mandiamo un segnale forte e chiaro:
Partecipiamo al Call Strike in solidarietà con le lavoratrici e i lavoratori Wind e Vodafone, venerdì 9 novembre dalle ore 9:00 alle ore 13:00 contatta i numeri 190 e 800227755 per Vodafone, il 156 e il 159 per Wind.
Aguzziamo le orecchie, alziamo le cornette, agitiamo i cellulari, intasiamo le linee.
martedì 6 novembre 2007
RSU Bologna: - "I lavoratori hanno fatto un salto di qualità; ora sciopero di settore"
Un lungo pezzo del comunicato odierno di RSU Bologna:
(...) E’ giunta, qualche ora fa, una mail dell‘amministratore delegato che descrive come un lieto fine l’esito della “cessione di ramo d’azienda” alla società Comdata; non c’è nulla di cui rallegrarsi, è stata prodotta una rottura che ha visto, per la prima volta, la fuoriuscita di persone e attività dal perimetro aziendale, persone che hanno contribuito a far diventare Vodafone il colosso economico che conosciamo e di cui poi l’azienda si libera, dall’oggi al domani, per incrementare ancora di più i suoi già enormi guadagni. Le evoluzioni delle passate cessioni di ramo d’azienda, nel nostro settore, costituiscono fatti realmente accaduti e sono tutt’altro che confortanti e chissa’ se, a questo punto, le aziende si sentano piu’ serene nel replicare simili scelte.
L’aspetto che emerge e che risulta subito evidente è la spaccatura che la valutazione di questo accordo ha creato tra i lavoratori, a fronte di una battaglia condotta massicciamente e con larghissima partecipazione.
Rimane più di qualche perplessità in relazione ai tempi e alle modalità adottate per le operazioni di voto: ad Ivrea e’ stata negata ai lavoratori la commissione di garanzia espressamente richiesta in assemblea; a Roma non è stato permesso di tenere aperto il seggio per ulteriori giorni nonostante diverse persone dovessero ancora esprimersi; a Napoli, incredibilmente, è stato possibile votare solo il 5 novembre a risultato già acquisito, dove l’ampia maggioranza dei lavoratori era da tempo schierata per il “no”, posizione non rappresentata in tutti i territori, a differenza del “si”, aspetto questo che ha limitato la discussione e quindi la possibilità di una valutazione completa.
Va aggiunto che, nelle precedenti tornate assembleari, la richiesta di conferimento del mandato ad avviare una trattativa con l’azienda, aveva dato esito negativo, esito a cui però non è stato dato seguito in sede di coordinamento, ribaltando quanto emerso dai luoghi di lavoro.
Come parte del Sindacato, anche la Vodafone ha sostenuto con determinazione, soprattutto attraverso le solite forme di pressione che conosciamo, quello che viene presentato come il miglior accordo fin qui raggiunto nel settore delle TLC; accordo che, nonostante tutto, ha visto una sostanziale parità nel territorio di Milano e la bocciatura in due dei quattro territori rimanenti (Napoli e Roma). Un dato, inoltre: su 914 aventi diritto al voto, non si raggiunge la metà assoluta dei consensi. Immaginiamo allora cosa avrebbe potuto produrre un semplice “buon accordo”...
Non ci si puo’ fermare qui, è necessario dare seguito ai buoni intenti declamati e proseguire nella costruzione di uno sciopero di settore, in tempi brevi, che a questo punto, dopo le troppe esternalizzazioni prodotte dalle aziende, diventa un approdo irrinunciabile ma non esaustivo per contrastare quelle politiche al ribasso che vedono l’uomo unicamente al servizio dei profitti dell’impresa. Non riusciamo ad immaginare un sindacato che sia contrario o alternativo a ciò che i lavoratori decidono. Occorre che il Sindacato si faccia ascoltatore attento e interprete delle istanze che vengono dai posti di lavoro e delle legittime decisioni prese dai lavoratori.
Quanto costruito negli ultimi due mesi e quanto verrà fatto nei prossimi rappresenta una crescita della coscienza collettiva nei luoghi di lavoro e evidenzia la capacità delle lavoratrici e dei lavoratori di opporsi a ciò che ritengono sbagliato e dannoso. E’ proprio questo che determina una salto di qualità nella consapevolezza che hanno i lavoratori di porsi come soggetto in grado di organizzarsi, di sacrificarsi e di difendersi, consci che le conquiste nei luoghi di lavoro marciano di pari passo con l’avanzamento e il benessere sociale, come ci insegna la storia del mondo del lavoro nell’ultimo secolo.
Rsu Bologna
(...) E’ giunta, qualche ora fa, una mail dell‘amministratore delegato che descrive come un lieto fine l’esito della “cessione di ramo d’azienda” alla società Comdata; non c’è nulla di cui rallegrarsi, è stata prodotta una rottura che ha visto, per la prima volta, la fuoriuscita di persone e attività dal perimetro aziendale, persone che hanno contribuito a far diventare Vodafone il colosso economico che conosciamo e di cui poi l’azienda si libera, dall’oggi al domani, per incrementare ancora di più i suoi già enormi guadagni. Le evoluzioni delle passate cessioni di ramo d’azienda, nel nostro settore, costituiscono fatti realmente accaduti e sono tutt’altro che confortanti e chissa’ se, a questo punto, le aziende si sentano piu’ serene nel replicare simili scelte.
L’aspetto che emerge e che risulta subito evidente è la spaccatura che la valutazione di questo accordo ha creato tra i lavoratori, a fronte di una battaglia condotta massicciamente e con larghissima partecipazione.
Rimane più di qualche perplessità in relazione ai tempi e alle modalità adottate per le operazioni di voto: ad Ivrea e’ stata negata ai lavoratori la commissione di garanzia espressamente richiesta in assemblea; a Roma non è stato permesso di tenere aperto il seggio per ulteriori giorni nonostante diverse persone dovessero ancora esprimersi; a Napoli, incredibilmente, è stato possibile votare solo il 5 novembre a risultato già acquisito, dove l’ampia maggioranza dei lavoratori era da tempo schierata per il “no”, posizione non rappresentata in tutti i territori, a differenza del “si”, aspetto questo che ha limitato la discussione e quindi la possibilità di una valutazione completa.
Va aggiunto che, nelle precedenti tornate assembleari, la richiesta di conferimento del mandato ad avviare una trattativa con l’azienda, aveva dato esito negativo, esito a cui però non è stato dato seguito in sede di coordinamento, ribaltando quanto emerso dai luoghi di lavoro.
Come parte del Sindacato, anche la Vodafone ha sostenuto con determinazione, soprattutto attraverso le solite forme di pressione che conosciamo, quello che viene presentato come il miglior accordo fin qui raggiunto nel settore delle TLC; accordo che, nonostante tutto, ha visto una sostanziale parità nel territorio di Milano e la bocciatura in due dei quattro territori rimanenti (Napoli e Roma). Un dato, inoltre: su 914 aventi diritto al voto, non si raggiunge la metà assoluta dei consensi. Immaginiamo allora cosa avrebbe potuto produrre un semplice “buon accordo”...
Non ci si puo’ fermare qui, è necessario dare seguito ai buoni intenti declamati e proseguire nella costruzione di uno sciopero di settore, in tempi brevi, che a questo punto, dopo le troppe esternalizzazioni prodotte dalle aziende, diventa un approdo irrinunciabile ma non esaustivo per contrastare quelle politiche al ribasso che vedono l’uomo unicamente al servizio dei profitti dell’impresa. Non riusciamo ad immaginare un sindacato che sia contrario o alternativo a ciò che i lavoratori decidono. Occorre che il Sindacato si faccia ascoltatore attento e interprete delle istanze che vengono dai posti di lavoro e delle legittime decisioni prese dai lavoratori.
Quanto costruito negli ultimi due mesi e quanto verrà fatto nei prossimi rappresenta una crescita della coscienza collettiva nei luoghi di lavoro e evidenzia la capacità delle lavoratrici e dei lavoratori di opporsi a ciò che ritengono sbagliato e dannoso. E’ proprio questo che determina una salto di qualità nella consapevolezza che hanno i lavoratori di porsi come soggetto in grado di organizzarsi, di sacrificarsi e di difendersi, consci che le conquiste nei luoghi di lavoro marciano di pari passo con l’avanzamento e il benessere sociale, come ci insegna la storia del mondo del lavoro nell’ultimo secolo.
Rsu Bologna
Delegati SLC Roma: "Che fare dopo il voto"
L’ipotesi di accordo ha avuto 406 voti per il SI (il 57,43%), 291 voti per il NO (il 41,16%) e 10 voti tra bianche e nulle (l’1,41%).
A Roma ci sono stati 91 SI (45,5%) 108 NO (54%) e 1 bianca (0,5%).
Per qualcuno la storia potrebbe essere finita qui... Ma per noi non è così!
Prima di tutto ci dispiace registrare che certe modalità con cui si sono svolte le operazioni di voto (per citarne alcune: la mancanza di una commissione elettorale super partes ad Ivrea, l’assenza del controllo dei lavoratori sulle operazioni di voto in alcune sedi, le operazioni di scrutinio iniziate in momenti differenti) hanno gettato dubbi sull’esercizio di un diritto fondamentale dei lavoratori. Sarebbero bastate alcune accortezze e un maggiore rispetto delle regole democratiche per evitare che questo accordo, già sofferto e combattuto, fosse anche accompagnato da dubbi sulla regolarità del voto.
Ora comunque, è importante decidere con quali azioni proseguire
Prima di tutto bisogna organizzarsi per far partire le cause individuali. Numerose sentenze hanno dimostrato che la giustizia può dare torto a chi usa le leggi solo per fare soldi sulla pelle delle persone.
Potete rivolgervi a noi per chiarire dubbi o avere indicazioni su come muovervi. Attraverso la consulenza degli avvocati esperti in materia possiamo mettere in atto le azioni più utili per avviare le cause.
Stampate TUTTO quello che pensate vi possa tornare utile (nel dubbio STAMPATE!) e fatevi fare il conteggio degli rc (è un vostro diritto che non possono negarvi) perché andranno inseriti nelle cause.
E’ importante però che la nostra lotta non si esaurisca nell’aspetto legale. La nostra vicenda deve essere l’inizio di una vertenza solidale che ci vede protagonisti insieme a tutti i lavoratori delle aziende esternalizzate.
Tutti, esternalizzati e non ancora esternalizzati, dobbiamo essere consapevoli che spetta anche a noi lottare per impedire che le aziende possano disporre della vita dei lavoratori costringendoli ad un perenne stato di precarietà.
Non bisogna smettere di fare pressione sulla politica per pretendere una modifica della legge 30, peraltro già promessa da chi ora sta al governo.
I nostri cartelli VENDESI sono diventati un simbolo e dobbiamo continuare ad utilizzarli in tutte le occasioni che abbiamo di manifestare contro la legge 30 e contro la precarità. Non dobbiamo smettere di rivendicare il diritto ad un FUTURO che sia degno di questo nome per noi, per tutti i lavoratori e per le generazioni che verranno.
Infine, riteniamo che in tutta questa vicenda ci siano delle gravi responsabilità delle segreterie sindacali di SLC CGIL, FISTEL CISL e UILCOM UIL. Sono responsabili di aver accettato di incontrare l’azienda il giorno 19 ottobre, giorno dello sciopero, di non aver intrapreso un percorso democratico, di non aver ascoltato la maggioranza dei lavoratori che diceva di non fare ancora la trattativa. Si sono assunti la grave responsabilità di dare una accelerazione alla trattativa nel momento in cui la forza dei lavoratori era al massimo. Così facendo, hanno di fatto messo una pistola alla tempia di 914 lavoratrici e lavoratori dicendogli: vuoi i diritti per 7 anni o niente?
Per questo motivi riteniamo che le segreterie nazionali di SLC CGIL, FISTEL CISL e UILCOM UIL debbano dimettersi. E’ un atto dovuto, una assunzione di responsabilità per non aver rispettato il volere dei lavoratori che rappresentano.
Accettiamo l’esito del voto, ma siamo ugualmente convinti che questo sia stato un vero disastro per la tutela dei diritti dei lavoratori.
Delegati SLC CGIL Vodafone Roma:
Alberto Bolli
Roberto Di Palma
Federico Sciarpelletti
Alberto Sciacca
Alessia Valentin
A Roma ci sono stati 91 SI (45,5%) 108 NO (54%) e 1 bianca (0,5%).
Per qualcuno la storia potrebbe essere finita qui... Ma per noi non è così!
Prima di tutto ci dispiace registrare che certe modalità con cui si sono svolte le operazioni di voto (per citarne alcune: la mancanza di una commissione elettorale super partes ad Ivrea, l’assenza del controllo dei lavoratori sulle operazioni di voto in alcune sedi, le operazioni di scrutinio iniziate in momenti differenti) hanno gettato dubbi sull’esercizio di un diritto fondamentale dei lavoratori. Sarebbero bastate alcune accortezze e un maggiore rispetto delle regole democratiche per evitare che questo accordo, già sofferto e combattuto, fosse anche accompagnato da dubbi sulla regolarità del voto.
Ora comunque, è importante decidere con quali azioni proseguire
Prima di tutto bisogna organizzarsi per far partire le cause individuali. Numerose sentenze hanno dimostrato che la giustizia può dare torto a chi usa le leggi solo per fare soldi sulla pelle delle persone.
Potete rivolgervi a noi per chiarire dubbi o avere indicazioni su come muovervi. Attraverso la consulenza degli avvocati esperti in materia possiamo mettere in atto le azioni più utili per avviare le cause.
Stampate TUTTO quello che pensate vi possa tornare utile (nel dubbio STAMPATE!) e fatevi fare il conteggio degli rc (è un vostro diritto che non possono negarvi) perché andranno inseriti nelle cause.
E’ importante però che la nostra lotta non si esaurisca nell’aspetto legale. La nostra vicenda deve essere l’inizio di una vertenza solidale che ci vede protagonisti insieme a tutti i lavoratori delle aziende esternalizzate.
Tutti, esternalizzati e non ancora esternalizzati, dobbiamo essere consapevoli che spetta anche a noi lottare per impedire che le aziende possano disporre della vita dei lavoratori costringendoli ad un perenne stato di precarietà.
Non bisogna smettere di fare pressione sulla politica per pretendere una modifica della legge 30, peraltro già promessa da chi ora sta al governo.
I nostri cartelli VENDESI sono diventati un simbolo e dobbiamo continuare ad utilizzarli in tutte le occasioni che abbiamo di manifestare contro la legge 30 e contro la precarità. Non dobbiamo smettere di rivendicare il diritto ad un FUTURO che sia degno di questo nome per noi, per tutti i lavoratori e per le generazioni che verranno.
Infine, riteniamo che in tutta questa vicenda ci siano delle gravi responsabilità delle segreterie sindacali di SLC CGIL, FISTEL CISL e UILCOM UIL. Sono responsabili di aver accettato di incontrare l’azienda il giorno 19 ottobre, giorno dello sciopero, di non aver intrapreso un percorso democratico, di non aver ascoltato la maggioranza dei lavoratori che diceva di non fare ancora la trattativa. Si sono assunti la grave responsabilità di dare una accelerazione alla trattativa nel momento in cui la forza dei lavoratori era al massimo. Così facendo, hanno di fatto messo una pistola alla tempia di 914 lavoratrici e lavoratori dicendogli: vuoi i diritti per 7 anni o niente?
Per questo motivi riteniamo che le segreterie nazionali di SLC CGIL, FISTEL CISL e UILCOM UIL debbano dimettersi. E’ un atto dovuto, una assunzione di responsabilità per non aver rispettato il volere dei lavoratori che rappresentano.
Accettiamo l’esito del voto, ma siamo ugualmente convinti che questo sia stato un vero disastro per la tutela dei diritti dei lavoratori.
Delegati SLC CGIL Vodafone Roma:
Alberto Bolli
Roberto Di Palma
Federico Sciarpelletti
Alberto Sciacca
Alessia Valentin
Adesioni all'assemblea di settore di sabato 17 novembre a Roma
Diamo seguito, col presente documento, al percorso di lotta proposto durante l'ultima manifestazione dei lavoratori Vodafone e largamente condiviso da rappresentanti e lavoratori; ed in questo spirito promuoviamo un'assemblea di settore da tenersi a Roma per il prossimo sabato 17 novembre aperta a tutti i lavoratori, alla quale invitiamo i delegati ed i Lavoratori di tutte le aziende del settore TLC.
Il tema di condivisione, ed oggetto centrale della discussione, sarà la lotta al precariato e a tutte le forme di precarizzazione operate nel nostro settore, a partire da quelle gia messe in atto dalle principali aziende del settore come TIM, TELECOM, VODAFONE, WIND ed H3G, sino a quelle in procinto di attuazione.
Il percorso individuato, e che in quella occasione intendiamo condividere, è uno sciopero di settore contro le politiche scellerate di frantumazione del Lavoro stabile e sfruttamento del Lavoro precario, messe in atto dalle aziende di Telecomunicazioni.
Nella prossima comunicazione renderemo nota la sede individuata per l'assemblea e l'orario; intanto vi chiediamo di manifestare la vostra adesione in forma di commento a questo invito sul blog: autunnovodafone.blogspot.com
Delegati e Lavoratori Vodafone Promotori della grande manifestazione tenuta a Roma lo scorso 19 ottobre.
Il tema di condivisione, ed oggetto centrale della discussione, sarà la lotta al precariato e a tutte le forme di precarizzazione operate nel nostro settore, a partire da quelle gia messe in atto dalle principali aziende del settore come TIM, TELECOM, VODAFONE, WIND ed H3G, sino a quelle in procinto di attuazione.
Il percorso individuato, e che in quella occasione intendiamo condividere, è uno sciopero di settore contro le politiche scellerate di frantumazione del Lavoro stabile e sfruttamento del Lavoro precario, messe in atto dalle aziende di Telecomunicazioni.
Nella prossima comunicazione renderemo nota la sede individuata per l'assemblea e l'orario; intanto vi chiediamo di manifestare la vostra adesione in forma di commento a questo invito sul blog: autunnovodafone.blogspot.com
Delegati e Lavoratori Vodafone Promotori della grande manifestazione tenuta a Roma lo scorso 19 ottobre.
Cobas Napoli: "Il caso Vodafone non è chiuso"
Si sono concluse oggi, con le votazioni svolte a Napoli, le consultazioni sull'ipotesi di accordo sull'esternalizzazione operata da Vodafone.
Il percorso attraverso il quale le strutture sindacali ci hanno condotti a questa fase è inqualificabile e rende superfluo qualsiasi aggettivo: basti pensare al fatto che i sindacati abbiano realizzato quest'ipotesi malgrado non abbiano ricevuto alcun mandato dai Lavoratori, che un voto tanto importante non è stato organizzato con spoglio contemporaneo in tutte le sedi di modo che i voti di nessuno venissero influenzati da dati già noti, che noi della sede di Napoli siamo stati portati a votare con un risultato già acquisito, paradosso questo degno delle peggiori dittature, e la stessa modalità scelta per le nostre assemblee con relative votazioni (suddividendo i Lavoratori in due assemblee), è stata realizzata ancora una volta in totale spregio di ciò che chiedevamo, cioè di fare un'unica assemblea; ma ormai il totale menefreghismo dei sindacati confederali verso la volontà dei Lavoratori non è più neanche descrivibile!
Le consultazioni hanno dato i seguenti esiti:
[..]
Le informazioni che subito risaltano da questi dati sono soprattutto due:
1. I Lavoratori di Napoli hanno nuovamente testimoniato con forza la loro contrarietà all'ipotesi.
2. Un accordo fondamentale per il futuro immediato di 914 persone sarà siglato malgrado non venga approvato neppure dal 50% dei Lavoratori impattati (solo il 44,42%!).
C'è ancora qualcosa che emerge, questa volta non dalle cifre: in un momento in cui, grazie alla nostra lotta, si era raggiunti un elevatissimo livello di visibilità, in un momento in cui tutta l'opinione pubblica e' più che mai attenta al tema del lavoro precario, i sindacati decidono di frenare l'ascesa del nostro movimento sedendosi ad un tavolo di trattative mai chiesto nè voluto dai Lavoratori di Vodafone Italia, offrendo un grande vantaggio ad azienda e istituzioni.
Come ci siamo sempre detti, questa non era solo la battaglia contro la prima esternalizzazione di Vodafone, questa era la prima battaglia per bloccare la vendita di 914 persone oggi ed evitare quelle che domani sarebbero seguite: deve essere ancora questa la battaglia!
Già circolano voci sulle prossime cospicue esternalizzazioni (si parla ancora di svariate centinaia di Lavoratori), da realizzare a Gennaio prima e a Marzo dopo, è ancora questo il momento ideale per evitare lo smantellamento di tutta Vodafone, per lottare ancora tutti insieme, per difenderci l'un l'altro, esternalizzati di oggi e quelli di domani.
Il primo appuntamento per dare continuità a quello che e' stato un bellissimo movimento spontaneo è già fissato per il prossimo Venerdì 9 Novembre.
Per quella data e` stato proclamato, dai COBAS e tutti i sindacati di base, uno SCIOPERO GENERALE E GENERALIZZATO PER L'INTERO TURNO DI LAVORO, il cui oggetto sarà la lotta al protocollo del 23 luglio, al pacchetto treu ed alla legge 30, una lotta fondamentale contro tutti gli strumenti di precarizzazione selvaggia del lavoro.
Sarà l'occasione per tornare nelle piazze, con i nostri cartelli vendesi, a gridare la nostra rabbia, a gridare ai signori che ci governano e a quelli che fingono di rappresentarci che con questo spregevole accordo non hanno sopito la lotta, che la questione Vodafone non è chiusa, resta un caso sociale rispetto al quale le istituzioni devono dare le risposte che noi pretendiamo.
Sarà il primo grande sciopero nel quale potremo unire la nostra protesta a quella di tutti gli altri Lavoratori, in attesa del momento ormai indispensabile dello sciopero di settore verso il quale dobbiamo arrivare, perchè l'unico modo di contrastare seriamente la piaga del precariato che flagella appunto il nostro settore, è che tutti i lavoratori che vi operano si rendano conto di essere una cosa sola, e tutti assieme si muovano nella stessa direzione.
Lo sciopero del 9 sarà strutturato con presidi e manifestazioni nelle diverse città, qui a Napoli l'appuntamento sarà a piazza Mancini alle 9:30.
Forza, il nemico si aspetta che pieghiamo le ginocchia e che ci lasciamo sopraffare dallo sconforto:
SORPRENDIAMOLO ANCORA UNA VOLTA, PERCHE' NAPOLI E' PIU' VIVA CHE MAI, E CON LEI TUTTI I LAVORATORI CHE IN TUTTA ITALIA NON STANNO SMETTENDO DI LOTTARE!!!!
Il percorso attraverso il quale le strutture sindacali ci hanno condotti a questa fase è inqualificabile e rende superfluo qualsiasi aggettivo: basti pensare al fatto che i sindacati abbiano realizzato quest'ipotesi malgrado non abbiano ricevuto alcun mandato dai Lavoratori, che un voto tanto importante non è stato organizzato con spoglio contemporaneo in tutte le sedi di modo che i voti di nessuno venissero influenzati da dati già noti, che noi della sede di Napoli siamo stati portati a votare con un risultato già acquisito, paradosso questo degno delle peggiori dittature, e la stessa modalità scelta per le nostre assemblee con relative votazioni (suddividendo i Lavoratori in due assemblee), è stata realizzata ancora una volta in totale spregio di ciò che chiedevamo, cioè di fare un'unica assemblea; ma ormai il totale menefreghismo dei sindacati confederali verso la volontà dei Lavoratori non è più neanche descrivibile!
Le consultazioni hanno dato i seguenti esiti:
[..]
Le informazioni che subito risaltano da questi dati sono soprattutto due:
1. I Lavoratori di Napoli hanno nuovamente testimoniato con forza la loro contrarietà all'ipotesi.
2. Un accordo fondamentale per il futuro immediato di 914 persone sarà siglato malgrado non venga approvato neppure dal 50% dei Lavoratori impattati (solo il 44,42%!).
C'è ancora qualcosa che emerge, questa volta non dalle cifre: in un momento in cui, grazie alla nostra lotta, si era raggiunti un elevatissimo livello di visibilità, in un momento in cui tutta l'opinione pubblica e' più che mai attenta al tema del lavoro precario, i sindacati decidono di frenare l'ascesa del nostro movimento sedendosi ad un tavolo di trattative mai chiesto nè voluto dai Lavoratori di Vodafone Italia, offrendo un grande vantaggio ad azienda e istituzioni.
Come ci siamo sempre detti, questa non era solo la battaglia contro la prima esternalizzazione di Vodafone, questa era la prima battaglia per bloccare la vendita di 914 persone oggi ed evitare quelle che domani sarebbero seguite: deve essere ancora questa la battaglia!
Già circolano voci sulle prossime cospicue esternalizzazioni (si parla ancora di svariate centinaia di Lavoratori), da realizzare a Gennaio prima e a Marzo dopo, è ancora questo il momento ideale per evitare lo smantellamento di tutta Vodafone, per lottare ancora tutti insieme, per difenderci l'un l'altro, esternalizzati di oggi e quelli di domani.
Il primo appuntamento per dare continuità a quello che e' stato un bellissimo movimento spontaneo è già fissato per il prossimo Venerdì 9 Novembre.
Per quella data e` stato proclamato, dai COBAS e tutti i sindacati di base, uno SCIOPERO GENERALE E GENERALIZZATO PER L'INTERO TURNO DI LAVORO, il cui oggetto sarà la lotta al protocollo del 23 luglio, al pacchetto treu ed alla legge 30, una lotta fondamentale contro tutti gli strumenti di precarizzazione selvaggia del lavoro.
Sarà l'occasione per tornare nelle piazze, con i nostri cartelli vendesi, a gridare la nostra rabbia, a gridare ai signori che ci governano e a quelli che fingono di rappresentarci che con questo spregevole accordo non hanno sopito la lotta, che la questione Vodafone non è chiusa, resta un caso sociale rispetto al quale le istituzioni devono dare le risposte che noi pretendiamo.
Sarà il primo grande sciopero nel quale potremo unire la nostra protesta a quella di tutti gli altri Lavoratori, in attesa del momento ormai indispensabile dello sciopero di settore verso il quale dobbiamo arrivare, perchè l'unico modo di contrastare seriamente la piaga del precariato che flagella appunto il nostro settore, è che tutti i lavoratori che vi operano si rendano conto di essere una cosa sola, e tutti assieme si muovano nella stessa direzione.
Lo sciopero del 9 sarà strutturato con presidi e manifestazioni nelle diverse città, qui a Napoli l'appuntamento sarà a piazza Mancini alle 9:30.
Forza, il nemico si aspetta che pieghiamo le ginocchia e che ci lasciamo sopraffare dallo sconforto:
SORPRENDIAMOLO ANCORA UNA VOLTA, PERCHE' NAPOLI E' PIU' VIVA CHE MAI, E CON LEI TUTTI I LAVORATORI CHE IN TUTTA ITALIA NON STANNO SMETTENDO DI LOTTARE!!!!
domenica 4 novembre 2007
Il giorno dopo: la divisione e il sospetto
Articolo tratto da il manifesto
Consultazione in Vodafone: lavoratori divisi e sospettosi
A Padova (ampiamente) e Milano (di misura)prevalgono i «sì»; a Roma i «no». Contestate le modalità di voto a Ivrea
Sono in corso le assemblee e le votazioni sull'accordo raggiunto tra sindacati e azienda sulla «cessione di ramo d'azienda» decisa da Vodafone. 914 i lavoratori interessati. L'accordo prevede il passaggio a una nuova società costituita appositamente, la Comdata Care, cui Vodafone affiderà una commessa per almeno sette anni. Prevede la «non licenziabilità» dei lavoratori, ma le garanzie sono state giudicate - dai dipendenti stessi, ma anche da diversi legali - formulate in modo molto labile. La società Comdata Care è controllata totalmente dalla Comdata spa, e le due società - nel testo - sembrano avere ruoli spesso sovrapposti. In ogni caso, spiegano alcuni dipendenti molto critici con l'accordo, non è stata affatto presa in considerazione l'eventualità di un fallimento di Comdata Care («la più probabile, operando in regime di mono-commessa»).
Ma perplessità sono state avanzate anche sulle modalità della consultazione. Le cinque sedi interessate all'esternalizzaione dovevano votare negli stessi giorni, ma soltanto in tre di esse ciò è avvenuto. A Padova ha prevalso nettamente il «sì«, con 91 voti contro 16 («ma nella rsu non c'era nessuno che esponesse le ragioni del no», dicono alcuni ex iscritti alla Cgil); a Roma hanno vinto i «no» 108 a 91, e a Milano i «sì», ma solo per tre voti di scarto. A Ivrea si votava ieri, con molte proteste perché non è stata formata una commissione elettorale «bipartisan». A Napoli si voterà lunedì, ma è anche la sede dove il «no» è dato per facile vincitore. Come si vede, il voto di Ivrea rischia di essere insieme decisivo e contestato. Non poprio il massimo, per un accordo che - ben che vada - vedrà i lavoratori divisi quasi esattamente a metà.
Consultazione in Vodafone: lavoratori divisi e sospettosi
A Padova (ampiamente) e Milano (di misura)prevalgono i «sì»; a Roma i «no». Contestate le modalità di voto a Ivrea
Sono in corso le assemblee e le votazioni sull'accordo raggiunto tra sindacati e azienda sulla «cessione di ramo d'azienda» decisa da Vodafone. 914 i lavoratori interessati. L'accordo prevede il passaggio a una nuova società costituita appositamente, la Comdata Care, cui Vodafone affiderà una commessa per almeno sette anni. Prevede la «non licenziabilità» dei lavoratori, ma le garanzie sono state giudicate - dai dipendenti stessi, ma anche da diversi legali - formulate in modo molto labile. La società Comdata Care è controllata totalmente dalla Comdata spa, e le due società - nel testo - sembrano avere ruoli spesso sovrapposti. In ogni caso, spiegano alcuni dipendenti molto critici con l'accordo, non è stata affatto presa in considerazione l'eventualità di un fallimento di Comdata Care («la più probabile, operando in regime di mono-commessa»).
Ma perplessità sono state avanzate anche sulle modalità della consultazione. Le cinque sedi interessate all'esternalizzaione dovevano votare negli stessi giorni, ma soltanto in tre di esse ciò è avvenuto. A Padova ha prevalso nettamente il «sì«, con 91 voti contro 16 («ma nella rsu non c'era nessuno che esponesse le ragioni del no», dicono alcuni ex iscritti alla Cgil); a Roma hanno vinto i «no» 108 a 91, e a Milano i «sì», ma solo per tre voti di scarto. A Ivrea si votava ieri, con molte proteste perché non è stata formata una commissione elettorale «bipartisan». A Napoli si voterà lunedì, ma è anche la sede dove il «no» è dato per facile vincitore. Come si vede, il voto di Ivrea rischia di essere insieme decisivo e contestato. Non poprio il massimo, per un accordo che - ben che vada - vedrà i lavoratori divisi quasi esattamente a metà.
sabato 3 novembre 2007
Miceli: - "Fermato il processo di smembramento"
Dichiarazione della segreteria nazionale di SLC CGIL dal sito del sindacato, aggiornato al 31/10:
Con l’ipotesi di accordo sottoscritta è stato fermato il processo aziendale che puntava allo smembramento di Vodafone stessa – dichiarano Emilio Miceli ed Alessandro Genovesi della Segreteria Nazionale di SLC/CGIL. Si prevede infatti che non vi siano più ulteriori esternalizzazioni sia della rete che dei customer per tutta la durata del piano industriale fino al 2010. E’ una notizia importante per i lavoratori di Vodafone – è un successo della trattativa, è un importante segnale ad un settore, quello delle TLC, ormai entrato nel vivo di un delicato processo di ristrutturazione.
Con l’ipotesi di accordo sottoscritta è stato fermato il processo aziendale che puntava allo smembramento di Vodafone stessa – dichiarano Emilio Miceli ed Alessandro Genovesi della Segreteria Nazionale di SLC/CGIL. Si prevede infatti che non vi siano più ulteriori esternalizzazioni sia della rete che dei customer per tutta la durata del piano industriale fino al 2010. E’ una notizia importante per i lavoratori di Vodafone – è un successo della trattativa, è un importante segnale ad un settore, quello delle TLC, ormai entrato nel vivo di un delicato processo di ristrutturazione.
02/11 - Approvato l'accordo sulla cessione del ramo d'azienda
In una nota delle 20.37 dell'Ansa la notizia dell'approvazione dell'accordo.
Vodafone: si' cessione ramo azienda
Sindacati, maggioranza lavoratori coinvolti ha aderito.
(ANSA) - ROMA, 2 NOV - Ha vinto il sì al referendum sull'accordo per la cessione del ramo d'azienda, firmato da Slc-Cgil, Fistel-Cisl e Uilcom con Vodafone. Sul totale di 914 lavoratori Vodafone coinvolti nella cessione e chiamati a esprimersi sull'accordo, 395 hanno approvato l'intesa sindacale, 229 sono stati i 'no'. Al voto sono andati i lavoratori di Milano, Padova, Ivrea e Roma.
Vodafone: si' cessione ramo azienda
Sindacati, maggioranza lavoratori coinvolti ha aderito.
(ANSA) - ROMA, 2 NOV - Ha vinto il sì al referendum sull'accordo per la cessione del ramo d'azienda, firmato da Slc-Cgil, Fistel-Cisl e Uilcom con Vodafone. Sul totale di 914 lavoratori Vodafone coinvolti nella cessione e chiamati a esprimersi sull'accordo, 395 hanno approvato l'intesa sindacale, 229 sono stati i 'no'. Al voto sono andati i lavoratori di Milano, Padova, Ivrea e Roma.
mercoledì 31 ottobre 2007
I risultati del voto
IV: 171 SI'; 67 NO; 3 bianche
MI: 41 SI'; 38 NO
PD: 92 SI'; 16 NO; 3 bianche; 2 nulle
RM: 91 SI'; 108 NO; 1 bianca
NA: 11 SI'; 62 NO; 1 bianca
VO: 406 SI'; 291 NO, 8 bianche; 2 nulle
MI: 41 SI'; 38 NO
PD: 92 SI'; 16 NO; 3 bianche; 2 nulle
RM: 91 SI'; 108 NO; 1 bianca
NA: 11 SI'; 62 NO; 1 bianca
VO: 406 SI'; 291 NO, 8 bianche; 2 nulle
L'assemblea di Ivrea
Nella giornata odierna,a seguito della prima assemblea, Ivrea ha conosciuto una nuova presa di posizioni delle rsu locali e delle segreterie sindacali in tema di democrazia.
La prima parte dell’assemblea è stata a lungo improntata sulle considerazioni poco opportune della Rappresentante Nazionale della Fistel-CISL sulle strategie imprenditoriali di Vodafone e di Comdata...
Dopo che Le è stato fatto presente che il tempo a nostra disposizione sarebbe stato meglio impiegato in una discussione incentrata sui termini dell’accordo si è finalmente giunti alle ragioni del SI e del NO.
Le motivazioni per votare NO a questa ipotesi di accordo sono state espresse da parecchi lavoratori sia sul metodo della prassi sindacale fin qui adottata, a livello locale e nazionale, sia sul contenuto dell’ipotesi, a seguito di consulto con numerosi avvocati naturalmente di diritto del lavoro.
Le ragioni del SI sono state espresse da una rappresentante delle rsu eporediesi, la quale ha preferito leggere il comunicato sindacale, con tutte le omissioni e le correzioni apportate dalle Sigle, anziche’ l’effettiva ipotesi di accordo sulla quale viene richiesto il voto dei Lavoratori.
A seguito di infruttuoso dibattito sulla validità dell’articolo 2112 del codice civile e le garanzie contrattuali che ne derivano(nulle secondo le esternazioni di un membro delle Segreterie Nazionali) alcuni Lavoratori hanno richiesto di istituire una Commissione Elettorale con il compito di monitorare il regolare svolgimento delle operazioni di voto e di spoglio.
Richiesta legittima, motivata dall’increscioso episodio verificatosi in occasione dell’ultimo referendum quando e’ comparsa una scheda in piu’ rispetto al numero dei votanti, senza che questo inducesse le RSU a invalidare la votazione.
Le rsu, tentando di ignorare da subito la richiesta avanzata, hanno risposto in un secondo tempo in maniera negativa impedendo ai Lavoratori, l’esercizio di un normale diritto democratico e accusandoli di non nutrire fiducia in coloro che dovrebbero rappresentarli...
La discussione si è spostata nei corridoi dell’azienda e ha visto anche l’intervento della Sicurezza Aziendale, volto ad allontanare dal seggio i lavoratori che volevano presidiare le operazioni di voto.
Ad ora le rsu si esprimono ancora in maniera contraria e questo e’ grave ed inaccettabile.
Una domanda più che legittima verte sul perché di questo incondizionato diniego ad un’espressione di democrazia partecipata.
A voi la risposta.
V per iVrea
La prima parte dell’assemblea è stata a lungo improntata sulle considerazioni poco opportune della Rappresentante Nazionale della Fistel-CISL sulle strategie imprenditoriali di Vodafone e di Comdata...
Dopo che Le è stato fatto presente che il tempo a nostra disposizione sarebbe stato meglio impiegato in una discussione incentrata sui termini dell’accordo si è finalmente giunti alle ragioni del SI e del NO.
Le motivazioni per votare NO a questa ipotesi di accordo sono state espresse da parecchi lavoratori sia sul metodo della prassi sindacale fin qui adottata, a livello locale e nazionale, sia sul contenuto dell’ipotesi, a seguito di consulto con numerosi avvocati naturalmente di diritto del lavoro.
Le ragioni del SI sono state espresse da una rappresentante delle rsu eporediesi, la quale ha preferito leggere il comunicato sindacale, con tutte le omissioni e le correzioni apportate dalle Sigle, anziche’ l’effettiva ipotesi di accordo sulla quale viene richiesto il voto dei Lavoratori.
A seguito di infruttuoso dibattito sulla validità dell’articolo 2112 del codice civile e le garanzie contrattuali che ne derivano(nulle secondo le esternazioni di un membro delle Segreterie Nazionali) alcuni Lavoratori hanno richiesto di istituire una Commissione Elettorale con il compito di monitorare il regolare svolgimento delle operazioni di voto e di spoglio.
Richiesta legittima, motivata dall’increscioso episodio verificatosi in occasione dell’ultimo referendum quando e’ comparsa una scheda in piu’ rispetto al numero dei votanti, senza che questo inducesse le RSU a invalidare la votazione.
Le rsu, tentando di ignorare da subito la richiesta avanzata, hanno risposto in un secondo tempo in maniera negativa impedendo ai Lavoratori, l’esercizio di un normale diritto democratico e accusandoli di non nutrire fiducia in coloro che dovrebbero rappresentarli...
La discussione si è spostata nei corridoi dell’azienda e ha visto anche l’intervento della Sicurezza Aziendale, volto ad allontanare dal seggio i lavoratori che volevano presidiare le operazioni di voto.
Ad ora le rsu si esprimono ancora in maniera contraria e questo e’ grave ed inaccettabile.
Una domanda più che legittima verte sul perché di questo incondizionato diniego ad un’espressione di democrazia partecipata.
A voi la risposta.
V per iVrea
31/10 - L'ipotesi di accordo al voto dei lavoratori
[è possibile mandare note, comunicati e testimonianze sulle operazioni di voto a redrep(at)gmail.com]
Padova:
Ricordiamo ai Lavoratori appartenenti ai gruppi esternalizzandi, nel caso non avessero ancora espresso il voto relativo all'Ipotesi di Accordo del 26/10/2007, dalle ore 16.00 alle ore 17.30 di oggi 31/10/2007, presso il terzo piano del call center di piazza zanellato sarà possibile votare l'ipotesi di accordo.
Alle ore 17.30 si procederà allo scrutinio dei voti, chi vorrà assistere alle operazioni di spoglio, sarà ovviamente il benvenuto.
I risultati verranno pubblicati non appena disponibili.
RSU Triveneto
Padova:
Ricordiamo ai Lavoratori appartenenti ai gruppi esternalizzandi, nel caso non avessero ancora espresso il voto relativo all'Ipotesi di Accordo del 26/10/2007, dalle ore 16.00 alle ore 17.30 di oggi 31/10/2007, presso il terzo piano del call center di piazza zanellato sarà possibile votare l'ipotesi di accordo.
Alle ore 17.30 si procederà allo scrutinio dei voti, chi vorrà assistere alle operazioni di spoglio, sarà ovviamente il benvenuto.
I risultati verranno pubblicati non appena disponibili.
RSU Triveneto
martedì 30 ottobre 2007
Ordine del giorno per le assemblee di Pisa
O.d.g. per assemblea sull'ipotesi di accordo, approvato con 188 voti a favore, 9 contrari e 19 astenuti.
Preso atto della sottoscrizione dell’ipotesi di accordo tra OO.SS. e Azienda il 25 ottobre, vogliamo esprimere le seguenti considerazioni:
* pur riconoscendo che tale accordo rappresenta il massimo risultato fino a questo momento ottenuto nel settore TLC, non possiamo definirlo un successo dei lavoratori; anzi, tale accordo rappresenta un pesante arretramento, aggravato dal fatto che non e’ presente una reale clausola di salvaguardia se non entro i 7 anni della commessa; tale precarizzazione del lavoro vale sia per i 914 lavoratori che se ne andranno che per i 4000 circa che resteranno in Vodafone;
* riteniamo che i punti realmente acquisiti - oltre a quanto gia’ prospettato fin dall’inizio della trattativa in corso - siano soltanto l’illicenziabilita’ dei lavoratori durante i 7 anni della commessa e il riconoscimento anche della Rete come parte che non verra’ esternalizzata entro il 2010;
* riteniamo che sia mancata un’analisi strutturale dei reparti contenuti nel c.d. “ramo d’azienda” al fine di mettere in campo una reale azione volta alla riduzione del numero dei lavoratori esternalizzati, in relazione alle attivita’ effettivamente svolte da questi;
* il testo dell’ipotesi di accordo da’ adito inoltre, in alcuni punti, ad interpretazioni dubbie sulle effettive tutele dei lavoratori anche durante i 7 anni.
Chiediamo che nel caso in cui i 914 colleghi interessati si esprimessero negativamente nei confronti di questa ipotesi di accordo, le OO.SS. e il coordinamento nazionale RSU riaprano immediatamente la vertenza per ottenere ulteriori garanzie, nonche’ la riduzione del numero delle persone coinvolte.
Chiediamo inoltre un impegno del sindacato a tutti i livelli volto a promuovere o accelerare una modifica legislativa sul tema della cessione di ramo d’azienda.
I lavoratori Vodafone Pisa riuniti in assemblea.
Preso atto della sottoscrizione dell’ipotesi di accordo tra OO.SS. e Azienda il 25 ottobre, vogliamo esprimere le seguenti considerazioni:
* pur riconoscendo che tale accordo rappresenta il massimo risultato fino a questo momento ottenuto nel settore TLC, non possiamo definirlo un successo dei lavoratori; anzi, tale accordo rappresenta un pesante arretramento, aggravato dal fatto che non e’ presente una reale clausola di salvaguardia se non entro i 7 anni della commessa; tale precarizzazione del lavoro vale sia per i 914 lavoratori che se ne andranno che per i 4000 circa che resteranno in Vodafone;
* riteniamo che i punti realmente acquisiti - oltre a quanto gia’ prospettato fin dall’inizio della trattativa in corso - siano soltanto l’illicenziabilita’ dei lavoratori durante i 7 anni della commessa e il riconoscimento anche della Rete come parte che non verra’ esternalizzata entro il 2010;
* riteniamo che sia mancata un’analisi strutturale dei reparti contenuti nel c.d. “ramo d’azienda” al fine di mettere in campo una reale azione volta alla riduzione del numero dei lavoratori esternalizzati, in relazione alle attivita’ effettivamente svolte da questi;
* il testo dell’ipotesi di accordo da’ adito inoltre, in alcuni punti, ad interpretazioni dubbie sulle effettive tutele dei lavoratori anche durante i 7 anni.
Chiediamo che nel caso in cui i 914 colleghi interessati si esprimessero negativamente nei confronti di questa ipotesi di accordo, le OO.SS. e il coordinamento nazionale RSU riaprano immediatamente la vertenza per ottenere ulteriori garanzie, nonche’ la riduzione del numero delle persone coinvolte.
Chiediamo inoltre un impegno del sindacato a tutti i livelli volto a promuovere o accelerare una modifica legislativa sul tema della cessione di ramo d’azienda.
I lavoratori Vodafone Pisa riuniti in assemblea.
lunedì 29 ottobre 2007
Lavoratrici e lavoratori di Roma: "Un accordo a perdere"
Le lavoratrici ed i lavoratori di Roma per il NO all’ipotesi di accordo ritengono il percorso seguito dalle segreterie nazionali di CGIL CISL E UIL davvero scandaloso e, comunque vada il risultato della votazione, secondo noi qualcuno dovrebbe rassegnare le dimissioni dal ruolo che ricopre. Siamo convinti che il protagonismo dell’insieme dei lavoratori, non solo abbia dato molto fastidio all’azienda (come era giusto che fosse) ma forse ha dato fastidio anche alle segreterie sindacali nazionali, che si son viste così scippato il ruolo che gli sarebbe dovuto competere e che di fatto non hanno voluto e saputo svolgere.
Riteniamo inoltre del tutto fuori luogo i trionfalismi del comunicato nazionale inviato a tutti i lavoratori e gravi, alcuni veri e propri depistaggi. Per esempio quando si parla che Vodafone non farà più esternalizzazioni per tre anni, dimenticando la frase che nell’ipotesi dice "fatti salvi eventuali trasferimenti all'interno del gruppo Vodafone e sue controllate"... questo vuol dire che Vodafone ha sicuramente in testa qualcosa, altrimenti non l'avrebbero scritta! E se per caso dovessero creare una controllata dove trasferire un'altra bella fetta di lavoratori e poi casualmente il primo aprile 2010 decidessero di vendere la controllata ad un soggetto terzo, così il pacchetto di lavoratori sarebbe già bello e confezionato? Quella frase assolutamente non tutela i lavoratori che (in questo caso) rimangono! Nello stesso comunicato c’è scritto che "lavoratori ed attività sono tra loro legati" quando invece è assolutamente chiaro che già da subito i dipendenti Vodafone potranno essere ricollocati da Comdata Care, su una qualsiasi commessa di altra società: surgelati, autovetture, assicurazioni che sia, ma non Vodafone. Sullo stesso comunicato si allude inoltre ad una possibilità di rinnovo del contratto, quando nel testo c’è scritto solo che "potrà essere rinnovato", frase questa che invece non da nessuna vera garanzia. E poi c’è questo brutto vizio delle OO. SS. di scrivere gli accordi facendo credere di mantenere diritti che invece sono già acquisiti! Gli accordi aziendali, il fondo di solidarietà e incredibilmente il Fondo Telemaco. Tutti diritti questi sanciti in modo incontrovertibile anche dall’art 2112 del codice civile!
Ci vengono a dire che questo è uno dei migliori accordi di esternalizzazione esistente nel settore privato! FALSO! Se ci si raffronta con il settore metalmeccanico che normalmente effettuano le cessioni di ramo d’azienda per situazioni di crisi, è ovvio che 7 anni sono tanti, rispetto ai 4 o 5 di altri accordi, ma se ci si raffronta con il settore bancario (che non sono in crisi, come non lo e’ Vodafone) ci troviamo di fronte a diverse cessioni di rami d'azienda che hanno clausole di salvaguardia VERE, con reintegro nella casa madre in caso di difficoltà del cessionario! Per sempre! Con il rispetto della professionalità del lavoratore che sarà sempre impiegato nell’attività dell'impresa cedente! Invece questo mercato del lavoro, con queste leggi, (soprattutto la tristemente nota per noi legge Maroni – impropriamente detta Biagi) permette a Vodafone di farci risucchiare nel vortice della precarietà e il contratto di lavoro pur rimanendo a tempo indeterminato, all’atto pratico passerà a tempo determinato a 7 anni! Allora perché non lottare per una clausola di salvaguardia vera, visto che Vodafone ha i soldi per poterla dare? Vodafone ha iniziato un processo di smembramento che presto si porterà appresso molti altri lavoratori, tutti risucchiati in dinamiche di instabilità lavorativa, così come quelli che adesso passano a Comdata. Alla nostra età! Nonostante i 4 miliardi di utile!
Ora, cosa accade nel caso in cui l’accordo dovesse essere bocciato? Che in base alla solita legge Maroni, il posto di lavoro è garantito per solo 1 anno, mentre l’unica cosa positiva dell'accordo (nel caso in cui se ne dovesse accettare l’impianto) è che garantisce la non licenziabilità per 7 anni, ma indica tra le motivazioni non comprese nella clausola di non licenziabilità, la giusta causa ed anche il giustificato motivo, che tecnicamente sono i licenziamenti collettivi per crisi aziendale, dunque si e’ garantiti o NO!? E poi basta questo? Lo sappiamo che qualcuno ci sta mettendo di fronte ad un bivio importante, ma non è forse il caso di provare ad alzare il livello dello scontro per ottenere di più? Se si accettano i 7 anni anche togliendo il giustificato motivo, per noi è comunque un fallimento totale! Dovremmo continuare a batterci perché in questo mercato del lavoro non si possa permettere ad aziende della portata di Vodafone di fare certe cose. Ci dovremmo battere perché le organizzazioni sindacali la smettano di fare una politica sindacale che non va al nocciolo delle questioni e che mette solo toppe, con tutti i limiti e perdita di diritti che questo comporta per i lavoratori.
Abbiamo scoperto che nel programma dell’Unione non solo c’era l’impegno di una modifica sostanziale della legge Maroni, ma che ci sono scritte anche le parole che di seguito riportiamo:
“Ci impegniamo a rivedere la normativa in merito agli appalti di opere e servizi e alla cessione di ramo d’azienda, spesso utilizzata in modo fittizio per aggirare le tutele dei lavoratori attraverso il meccanismo delle esternalizzazioni: la disciplina va ricondotta alla sua corretta dimensione, giustificata esclusivamente da oggettivi requisiti funzionali e organizzativi. In ogni caso, va riconosciuta una piena responsabilità dell’impresa appaltante nei confronti dei lavoratori delle imprese appaltatrici”... forse dovremmo anche mettere in piedi delle iniziative per ricordare a qualcuno quello che hanno scritto e pretendete che lo attuino!
E’ ovvio che se l’accordo dovesse essere bocciato, chiederemo alle organizzazioni sindacali quello sciopero generale di settore di cui si è tanto parlato ma che non è stato MAI proclamato, oramai indispensabile! Non solo, dovremmo noi riprendere quel protagonismo che tanto bene stava facendo alla nostra vertenza! E poi non sarà il caso di bloccare l’attività lavorativa per una settimana? Stiamo parlando del nostro futuro e di quello delle nostre famiglie!
Siamo convinti che i lavoratori uniti possano ottenere di piu’ di quanto sia scritto in questa ipotesi di accordo e con questo appello stiamo chiedendo a tutti uno scatto di orgoglio e di dignità. Sappiamo bene che la decisione è difficile, ma quello che ci spinge a continuare nella lotta, è il poter immaginare un futuro vero, dove possa avere ancora un senso la parola “speranza”.
Le lavoratrici e i lavoratori di Roma per il NO all'ipotesi di accordo
Riteniamo inoltre del tutto fuori luogo i trionfalismi del comunicato nazionale inviato a tutti i lavoratori e gravi, alcuni veri e propri depistaggi. Per esempio quando si parla che Vodafone non farà più esternalizzazioni per tre anni, dimenticando la frase che nell’ipotesi dice "fatti salvi eventuali trasferimenti all'interno del gruppo Vodafone e sue controllate"... questo vuol dire che Vodafone ha sicuramente in testa qualcosa, altrimenti non l'avrebbero scritta! E se per caso dovessero creare una controllata dove trasferire un'altra bella fetta di lavoratori e poi casualmente il primo aprile 2010 decidessero di vendere la controllata ad un soggetto terzo, così il pacchetto di lavoratori sarebbe già bello e confezionato? Quella frase assolutamente non tutela i lavoratori che (in questo caso) rimangono! Nello stesso comunicato c’è scritto che "lavoratori ed attività sono tra loro legati" quando invece è assolutamente chiaro che già da subito i dipendenti Vodafone potranno essere ricollocati da Comdata Care, su una qualsiasi commessa di altra società: surgelati, autovetture, assicurazioni che sia, ma non Vodafone. Sullo stesso comunicato si allude inoltre ad una possibilità di rinnovo del contratto, quando nel testo c’è scritto solo che "potrà essere rinnovato", frase questa che invece non da nessuna vera garanzia. E poi c’è questo brutto vizio delle OO. SS. di scrivere gli accordi facendo credere di mantenere diritti che invece sono già acquisiti! Gli accordi aziendali, il fondo di solidarietà e incredibilmente il Fondo Telemaco. Tutti diritti questi sanciti in modo incontrovertibile anche dall’art 2112 del codice civile!
Ci vengono a dire che questo è uno dei migliori accordi di esternalizzazione esistente nel settore privato! FALSO! Se ci si raffronta con il settore metalmeccanico che normalmente effettuano le cessioni di ramo d’azienda per situazioni di crisi, è ovvio che 7 anni sono tanti, rispetto ai 4 o 5 di altri accordi, ma se ci si raffronta con il settore bancario (che non sono in crisi, come non lo e’ Vodafone) ci troviamo di fronte a diverse cessioni di rami d'azienda che hanno clausole di salvaguardia VERE, con reintegro nella casa madre in caso di difficoltà del cessionario! Per sempre! Con il rispetto della professionalità del lavoratore che sarà sempre impiegato nell’attività dell'impresa cedente! Invece questo mercato del lavoro, con queste leggi, (soprattutto la tristemente nota per noi legge Maroni – impropriamente detta Biagi) permette a Vodafone di farci risucchiare nel vortice della precarietà e il contratto di lavoro pur rimanendo a tempo indeterminato, all’atto pratico passerà a tempo determinato a 7 anni! Allora perché non lottare per una clausola di salvaguardia vera, visto che Vodafone ha i soldi per poterla dare? Vodafone ha iniziato un processo di smembramento che presto si porterà appresso molti altri lavoratori, tutti risucchiati in dinamiche di instabilità lavorativa, così come quelli che adesso passano a Comdata. Alla nostra età! Nonostante i 4 miliardi di utile!
Ora, cosa accade nel caso in cui l’accordo dovesse essere bocciato? Che in base alla solita legge Maroni, il posto di lavoro è garantito per solo 1 anno, mentre l’unica cosa positiva dell'accordo (nel caso in cui se ne dovesse accettare l’impianto) è che garantisce la non licenziabilità per 7 anni, ma indica tra le motivazioni non comprese nella clausola di non licenziabilità, la giusta causa ed anche il giustificato motivo, che tecnicamente sono i licenziamenti collettivi per crisi aziendale, dunque si e’ garantiti o NO!? E poi basta questo? Lo sappiamo che qualcuno ci sta mettendo di fronte ad un bivio importante, ma non è forse il caso di provare ad alzare il livello dello scontro per ottenere di più? Se si accettano i 7 anni anche togliendo il giustificato motivo, per noi è comunque un fallimento totale! Dovremmo continuare a batterci perché in questo mercato del lavoro non si possa permettere ad aziende della portata di Vodafone di fare certe cose. Ci dovremmo battere perché le organizzazioni sindacali la smettano di fare una politica sindacale che non va al nocciolo delle questioni e che mette solo toppe, con tutti i limiti e perdita di diritti che questo comporta per i lavoratori.
Abbiamo scoperto che nel programma dell’Unione non solo c’era l’impegno di una modifica sostanziale della legge Maroni, ma che ci sono scritte anche le parole che di seguito riportiamo:
“Ci impegniamo a rivedere la normativa in merito agli appalti di opere e servizi e alla cessione di ramo d’azienda, spesso utilizzata in modo fittizio per aggirare le tutele dei lavoratori attraverso il meccanismo delle esternalizzazioni: la disciplina va ricondotta alla sua corretta dimensione, giustificata esclusivamente da oggettivi requisiti funzionali e organizzativi. In ogni caso, va riconosciuta una piena responsabilità dell’impresa appaltante nei confronti dei lavoratori delle imprese appaltatrici”... forse dovremmo anche mettere in piedi delle iniziative per ricordare a qualcuno quello che hanno scritto e pretendete che lo attuino!
E’ ovvio che se l’accordo dovesse essere bocciato, chiederemo alle organizzazioni sindacali quello sciopero generale di settore di cui si è tanto parlato ma che non è stato MAI proclamato, oramai indispensabile! Non solo, dovremmo noi riprendere quel protagonismo che tanto bene stava facendo alla nostra vertenza! E poi non sarà il caso di bloccare l’attività lavorativa per una settimana? Stiamo parlando del nostro futuro e di quello delle nostre famiglie!
Siamo convinti che i lavoratori uniti possano ottenere di piu’ di quanto sia scritto in questa ipotesi di accordo e con questo appello stiamo chiedendo a tutti uno scatto di orgoglio e di dignità. Sappiamo bene che la decisione è difficile, ma quello che ci spinge a continuare nella lotta, è il poter immaginare un futuro vero, dove possa avere ancora un senso la parola “speranza”.
Le lavoratrici e i lavoratori di Roma per il NO all'ipotesi di accordo
sabato 27 ottobre 2007
Cobas Vodafone: - "Perchè l'ipotesi d'accordo è da bocciare"
Una premessa per chiarire la nostra posizione: per tutelarci al meglio, qualsiasi accordo prodotto dovrebbe essere bocciato, perchè interviene a sanare le mancanze legali di questa esternalizzazione, ponendosi come ostacolo alla lotta sul piano legale. Inoltre, l'aver prodotto questa ipotesi di accordo, è stato un vero colpo di mano, un disprezzo della democrazia e della sovranità popolare che in questo caso era espressa dalla volontà dei Lavoratori di combattere questa cessione e non di armonizzarla, al fine di chiedere, poi, una più profonda battaglia alle leggi che consentono questi abusi.
Un'osservazione che segue alcune dichiarazioni fatte durante la prima plenaria dell'azienda tenutasi su questo argomento: a parte, ormai, la mancanza assoluta di credibilità dell'azienda, dichiarare che se bocciamo questo accordo verremmo tutti licenziati nel giro di 18 mesi; se fosse vero (ma è falso), vorrebbe dire due cose: (1) la cessione non si realizza e 914 Lavoratori riescono a consumare oltre 4 miliardi di euro all'anno, mandando in crisi Vodafone; (2) l'azienda a cui ci stanno cedendo è così pericolante e/o infame, che se non c'è qualcuno/qualcosa che la obbliga a non licenziare (e vedremo che questo accordo nemmeno lo fa), questa non resiste più di un anno e mezzo.
Un'altra precisazione: in questo accordo c'è un utilizzo dei nomi "Comdata Spa" e "Comdata Care", che vengono alternati a proprio piacimento e per scopi ben precisi.
E' da precisare che saremmo dipendenti della Comdata Care; quindi, nei nostri confronti, Comdata Spa non avrà nessun obbligo giuridico. Infatti, i due soggetti sono indipendenti tra loro e legalmente le vicende che interessano Comdata Care (compresi i rapporti coi suoi dipendenti) non impegnano Comdata Spa (infatti, al punto 2 dell'accordo, sarebbero i nuovi assunti di Comdata Care ad usufruire dei nostri diritti contrattuali, e non quelli di Comdata Spa).
Di seguito in corsivo i punti di interesse tratti testo integrale dell'accordo (quello originale, perché il comunicato sindacale nazionale in cui si sintetizza l'accordo, non ha alcun valore).
In tondo e in grassetto i nostri commenti.
(...) Su richiesta delle Organizzazioni sindacali viene, inoltre, confermato che l'attuale piano industriale non prevede ulteriori progetti di esternalizzazione, fatti salvi eventuali trasferimenti all'interno del Gruppo Vodafone e sue controllate e quanto già specificatamente illustrato alle Organizzazioni sindacali in merito ad un progetto globale relativo ad alcune attività dell'Information Technology che, con riguardo a Vodafone Italia, concerne la sola sede di Milano, da avviarsi qualora tale progetto venga approvato dal Consiglio di Amministrazione dell'azienda.
Non c'è alcuna garanzia che non ci siano altre esternalizzazioni per i prossimi 38 mesi (si parla di pino industriale che scade a dicembre 2010), perchè Vodafone conferma che l'attuale piano industriale non prevede ulteriori esternalizzazioni, ma i piani industriali vengono rivisti più volte a distanza di pochi mesi e non c'è alcun impegno specifico da parte di Vodafone a non attuare nuove cessioni.
(...) 4. le parti hanno condiviso la necessità di garantire con la presente intesa le condizioni e i trattamenti individuali e collettivi sindacalmente definiti e attualmente in essere allo scopo di mantenere stabili condizioni di lavoro nei confronti delle persone oggetto del trasferimento.
Inultile! Hanno solo condiviso la necessità di non violare la legge!
(...) 1. Il presente accordo si applica nei confronti delle persone oggetto del trasferimento di ramo d'azienda comunicato il 17 settembre 2007.
Il peggiore! Il sindacato legittima e ufficializza che è una cessione di ramo d'azienda. In questo modo l'azienda potrà meglio difendersi dai ricorsi legali.
(...) 2. Comdata Care in caso di nuove assunzioni applicherà i trattamenti economici e normativi previsti al successivo punto 3.
Inutile per noi! Ci fa piacere per gli eventuali nuovi assunti.
(...) 3. La Comdata Care si impegna a mantenere nei confronti del personale trasferito il CCNL 3 dicembre 2005 (ecc.) Nel dettaglio vengono di seguito specificati a solo titolo esemplificativo i principali trattamenti collettivi e le relative modalità attuative che saranno applicate nei confronti del personale trasferito: Trattamento di maternità (ex ALO), Turistica agevolata per le mamme, Ticket restaurant, Indennità di cuffia per gli aventi diritto, Premio di risultato, Tipologia di contratto Part-time/full-time, Assistenza sanitaria integrativa (FSIO), Permessi esame, Assistenza previdenziale integrativa.
Inutile! Comdata Care si impegna solo a non violare la legge. Come se dicesse di impegnarsi a pagarci lo stipendio! Inoltre, per chi cercava di creare confusione circa la scadenza degli accordi, qui non si parla nè di scadenza nè di proroghe di scadenza, a riprova non si cambia nulla rispetto a una situazione senza accordo sindacale!
(...) In particolare, con riferimento al Premio di risultato e alle forme di assistenza integrativa le modalità attuative relative al mantenimento di tali trattamenti sono definite come segue:
Premio di risultato: Vodafone Italia trasferirà a Comdata Care il Pdr maturato alla data del trasferimento valorizzato al 100% del target, inoltre per il periodo novembre 2007 – marzo 2008 Comdata Care procederà alla valorizzazione del Pdr mantenendo il 100% del target che sarà erogato con le competenze di luglio 2008. Inoltre Comdata Care si impegna entro il mese di gennaio 2008 ad aprire un confronto con le OO.SS per individuare gli indicatori e gli obiettivi per la definizione del nuovo Pdr per il quadriennio 2008 – 2011.
Oltre a quanto sopra detto, qui si aggiunge ilimite del 100% dei target: sinora abbiamo sempre superato target, è verosimile che perderemo da subito dei soldi.
Fondo sanitario (FSIO): La Comdata Care si dichiara disponibile – subordinatamente alle necessarie modifiche statutarie da attuare in tempi rapidi – a mantenere la condizione di iscritto al fondo a tutto il personale oggetto del trasferimento del ramo d'azienda, secondo le condizioni attualmente in vigore.
Inutile! Lo impone la legge. Anzi, dannoso: lascia via libera a nebulose modifiche statutarie. Inoltre nel fondo ci sono i nostri soldi e la cessione di ramo non è un'ipotesi prevista, nè negli accordi nè nello statuto, come estintiva dei nostri diritti. Se non ci venisse riconosciuto, a Vodafone resterebbero i nostri soldi, il che aprirebbe una questione legale a parte.
Fondo di previdenza integrativa: Comdata Care riconosce che a seguito del trasferimento del ramo d'azienda i dipendenti interessati manterranno l'iscrizione al Fondo Telemaco secondo le modalità e le condizioni in essere al momento del trasferimento. In aggiunta a quanto sopra riportato le parti intendono specificare le seguenti condizioni di carattere generale: (*) Aspettative: Comdata Care manterrà in aspettativa coloro che al momento del passaggio fossero già in tale condizione in forza dell'accordo Vodafone Italia del 25/11/2003. (*) Straordinari: Comdata Care riconoscerà al personale trasferito le maggiorazioni previste dall'accordo Vodafone Italia del 25/11/2003.-. 27 ottobre 2004
Inutile! Lo prevede la legge!
NOTA BENE 1: Il presente accordo costituisce valida condizione per l'accelerazione, prima della data di effettivo trasferimento in Comdata Care dei piani aziendali azionari, cosiddette "All shares" 2006 e 2007.
NOTA BENE 2: Vodafone Omnitel NV consentirà alle persone oggetto del trasferimento del ramo d'azienda di poter trasferire il proprio numero di telefono cellulare su richiesta degli interessati
NOTA BENE 3: Per coloro che usufruiscono della convenzione relativa agli asili nido, Vodafone Omnitel NV si impegna a garantire la fruibilità di tale servizio per tutto il presente anno scolastico.
Oltre al relativo valore economico che non incide significativamente sul nostro futuro, sono delle trappole: impongono una condotta attiva da parte dei lavoratori per chiedere l'applicazione di una parte dell'accordo (es.: richiesta del proprio numero di cellulare), il che potrebbe essere interpretato legalmente come tacita accettazione di tutto l'accordo!
(...) 4. Considerato la strategicità della collaborazione tra Comdata Care e Vodafone Italia, le aziende e le OO.SS si incontreranno due volte all'anno durante l'intera durata della collaborazione, allo scopo di monitorare lo stato di avanzamento delle attività e del servizio in relazione alle evoluzioni occupazionali.
No Comment!
(...) 5. Comdata Care si impegna ad attuare un piano formativo teso a garantire lo sviluppo delle competenze e l'adeguato aggiornamento professionale delle risorse trasferite.
Buono per Comdata care se lo fa!
(...) 6. Comdata Care al fine di avviare un costruttivo sistema relazionale con le OO.SS. e le RSU riconoscerà le RSU presenti nel ramo ceduto fino alla loro naturale scadenza.
No comment!
(...) 7.In riferimento ai lavoratori oggetto della presente cessione e posto che Comdata Care intende svilupparsi sul mercato sulla base delle attività e delle risorse trasferite da Vodafone Italia e di eventuali future commesse, Vodafone Italia e Comdata Care garantiscono la piena stabilità occupazionale per tutta la durata del contratto di servizio pari a 7 anni (fatte salve le dimissioni, i licenziamenti per giusta causa e giustificato motivo e le eventuali uscite volontarie).
1) Nei sette anni, sin da subito, ti possono spostare su qualunque tipo di commessa: da Vodafone allo sciolglipancia.
2) Passiamo da un contratto a tempo indeterminato a un contratto a scadenza (7 anni).
3) Vedremo dopo perchè possiamo trovarci senza lavoro anche mlto prima dei 7 anni.
8.In caso di risoluzione anticipata da parte di Vodafone Italia del contratto di servizio con il Gruppo Comdata, Vodafone Italia garantirà che le attività e i lavoratori adibiti alle attività previste dal contratto di servizio con Vodafone Italia vengano affidati ad un soggetto terzo con il mantenimento senza soluzione di continuità dei rapporti di lavoro e delle condizioni del presente accordo. Comdata Care si impegnerà a garantire la stabilità occupazionale e le condizioni del presente accordo alle persone che dovessero essere impegnate su eventuali altre commesse al momento della risoluzione anticipata del contratto di servizio da parte di Vodafone Italia. In tale caso gli eventuali lavoratori e lavoratrici, originariamente ceduti, impegnati a quel momento su attività legate a eventuali diverse commesse potranno, con richiesta individuale, esercitare il diritto di opzione di trasferimento al nuovo soggetto terzo scelto da Vodafone Italia di cui sopra.
Tutto molto bello (si fa per dire) se la risoluzione anticipata è da parte di Vodafone... Ma se è da parte di Comdata? Zero garanzie e tutti per strada!
Nell'esternalizzazione di Tim a Cos è stata usata la stessa formula: dopo poco più di un anno Cos ha dichiarato la comessa troppo onerosa ed ha rescisso il contratto. Quei lavoratori sono stati messi in mobilità e ora sono per strada.
(...) 9. Nella denegata ipotesi di fallimento di Comdata Spa, Vodafone Italia nel rispetto del presente accordo e in ottemperanza alle vigenti leggi in materia di procedure concorsuali e in coerenza con una clausola generale di responsabilità sociale si impegna a mettere in campo le azioni volte a garantire il mantenimento di rapporti di lavoro dei lavoratori oggetto del trasferimento del ramo d'azienda del 17 settembre 2007 presso un soggetto terzo che rilevi tutte le persone cedute o attraverso la reinternalizzazione in Vodafone Italia.
A parte la ricerca di questo sconoscito soggetto terzo, qui si parla di fallimento di Comdata Spa: ma se fallisce Comdata Care, che è molto più probabile e funzionale a questo piano di smaltimento del personale? Zero garanzie e tutti per strada! Inoltre, prima del fallimento, ci sono una serie di stati di crisi economica dell'azienda che non vengono menzionati e sui quali non ci sono garanzie.
(...) 10. Comdata Care garantisce che i lavoratori oggetto di cessione non potranno svolgere la propria prestazione in sede di lavoro (intendendo il comune) diverse dalle attuali (Milano, Ivrea, Roma, Napoli e Padova), per tutta la durata della commessa.
Non conosciamo la situazione geografica di tutte le zone, ma immaginiamo che i vari comuni siano abbastanza vasti. Inoltre la sede che loro definiscono "Napoli" si trova in realtà nel comune di Pozzuoli; mettendo comune di Napoli ben potremmo essere spostati a Nola ad esempio!
Anche qui, tra l'altro, si parla di garanzia per la durata della commessa che, abbiamo visto prima, potrebbe essere inferiore ai già limitati 7 anni,, con risoluzione anticipata della commessa.
Inoltre, curiosa la struttura della frase che è in negativo ("non potranno svolgere la propria prestazione") che lascia un dubbio: se Comdata sposta la propria sede di lavoro?
(...) 11. Il contratto di servizio tra Vodafone Italia e Comdata Spa potrà essere rinnovato e non prevede il ricorso al sub-appalto per l'esecuzione delle attività oggetto del trasferimento.
Ancora una volta si parla di Comdata Spa, ma noi saremo dipendenti di Comdata Care, che, essendo un soggetto giuridicamente diverso, non ha alcun vincolo a riguardo.
(...) 12. Nell'ambito del principio condiviso di salvaguardia sociale che stabilisce il collegamento tra i lavoratori trasferiti e la commessa di cui al punto 7) su richiesta delle OOSS si terrà una specifica riunione da tenersi a partire da un anno data dalla scadenza del contratto di servizio con Vodafone, allo scopo di esaminare la situazione relativa alle prospettive occupazionali delle persone cedute al fine di preservare la continuità occupazionale.
E chi se ne frega!
Un'osservazione che segue alcune dichiarazioni fatte durante la prima plenaria dell'azienda tenutasi su questo argomento: a parte, ormai, la mancanza assoluta di credibilità dell'azienda, dichiarare che se bocciamo questo accordo verremmo tutti licenziati nel giro di 18 mesi; se fosse vero (ma è falso), vorrebbe dire due cose: (1) la cessione non si realizza e 914 Lavoratori riescono a consumare oltre 4 miliardi di euro all'anno, mandando in crisi Vodafone; (2) l'azienda a cui ci stanno cedendo è così pericolante e/o infame, che se non c'è qualcuno/qualcosa che la obbliga a non licenziare (e vedremo che questo accordo nemmeno lo fa), questa non resiste più di un anno e mezzo.
Un'altra precisazione: in questo accordo c'è un utilizzo dei nomi "Comdata Spa" e "Comdata Care", che vengono alternati a proprio piacimento e per scopi ben precisi.
E' da precisare che saremmo dipendenti della Comdata Care; quindi, nei nostri confronti, Comdata Spa non avrà nessun obbligo giuridico. Infatti, i due soggetti sono indipendenti tra loro e legalmente le vicende che interessano Comdata Care (compresi i rapporti coi suoi dipendenti) non impegnano Comdata Spa (infatti, al punto 2 dell'accordo, sarebbero i nuovi assunti di Comdata Care ad usufruire dei nostri diritti contrattuali, e non quelli di Comdata Spa).
Di seguito in corsivo i punti di interesse tratti testo integrale dell'accordo (quello originale, perché il comunicato sindacale nazionale in cui si sintetizza l'accordo, non ha alcun valore).
In tondo e in grassetto i nostri commenti.
(...) Su richiesta delle Organizzazioni sindacali viene, inoltre, confermato che l'attuale piano industriale non prevede ulteriori progetti di esternalizzazione, fatti salvi eventuali trasferimenti all'interno del Gruppo Vodafone e sue controllate e quanto già specificatamente illustrato alle Organizzazioni sindacali in merito ad un progetto globale relativo ad alcune attività dell'Information Technology che, con riguardo a Vodafone Italia, concerne la sola sede di Milano, da avviarsi qualora tale progetto venga approvato dal Consiglio di Amministrazione dell'azienda.
Non c'è alcuna garanzia che non ci siano altre esternalizzazioni per i prossimi 38 mesi (si parla di pino industriale che scade a dicembre 2010), perchè Vodafone conferma che l'attuale piano industriale non prevede ulteriori esternalizzazioni, ma i piani industriali vengono rivisti più volte a distanza di pochi mesi e non c'è alcun impegno specifico da parte di Vodafone a non attuare nuove cessioni.
(...) 4. le parti hanno condiviso la necessità di garantire con la presente intesa le condizioni e i trattamenti individuali e collettivi sindacalmente definiti e attualmente in essere allo scopo di mantenere stabili condizioni di lavoro nei confronti delle persone oggetto del trasferimento.
Inultile! Hanno solo condiviso la necessità di non violare la legge!
(...) 1. Il presente accordo si applica nei confronti delle persone oggetto del trasferimento di ramo d'azienda comunicato il 17 settembre 2007.
Il peggiore! Il sindacato legittima e ufficializza che è una cessione di ramo d'azienda. In questo modo l'azienda potrà meglio difendersi dai ricorsi legali.
(...) 2. Comdata Care in caso di nuove assunzioni applicherà i trattamenti economici e normativi previsti al successivo punto 3.
Inutile per noi! Ci fa piacere per gli eventuali nuovi assunti.
(...) 3. La Comdata Care si impegna a mantenere nei confronti del personale trasferito il CCNL 3 dicembre 2005 (ecc.) Nel dettaglio vengono di seguito specificati a solo titolo esemplificativo i principali trattamenti collettivi e le relative modalità attuative che saranno applicate nei confronti del personale trasferito: Trattamento di maternità (ex ALO), Turistica agevolata per le mamme, Ticket restaurant, Indennità di cuffia per gli aventi diritto, Premio di risultato, Tipologia di contratto Part-time/full-time, Assistenza sanitaria integrativa (FSIO), Permessi esame, Assistenza previdenziale integrativa.
Inutile! Comdata Care si impegna solo a non violare la legge. Come se dicesse di impegnarsi a pagarci lo stipendio! Inoltre, per chi cercava di creare confusione circa la scadenza degli accordi, qui non si parla nè di scadenza nè di proroghe di scadenza, a riprova non si cambia nulla rispetto a una situazione senza accordo sindacale!
(...) In particolare, con riferimento al Premio di risultato e alle forme di assistenza integrativa le modalità attuative relative al mantenimento di tali trattamenti sono definite come segue:
Premio di risultato: Vodafone Italia trasferirà a Comdata Care il Pdr maturato alla data del trasferimento valorizzato al 100% del target, inoltre per il periodo novembre 2007 – marzo 2008 Comdata Care procederà alla valorizzazione del Pdr mantenendo il 100% del target che sarà erogato con le competenze di luglio 2008. Inoltre Comdata Care si impegna entro il mese di gennaio 2008 ad aprire un confronto con le OO.SS per individuare gli indicatori e gli obiettivi per la definizione del nuovo Pdr per il quadriennio 2008 – 2011.
Oltre a quanto sopra detto, qui si aggiunge ilimite del 100% dei target: sinora abbiamo sempre superato target, è verosimile che perderemo da subito dei soldi.
Fondo sanitario (FSIO): La Comdata Care si dichiara disponibile – subordinatamente alle necessarie modifiche statutarie da attuare in tempi rapidi – a mantenere la condizione di iscritto al fondo a tutto il personale oggetto del trasferimento del ramo d'azienda, secondo le condizioni attualmente in vigore.
Inutile! Lo impone la legge. Anzi, dannoso: lascia via libera a nebulose modifiche statutarie. Inoltre nel fondo ci sono i nostri soldi e la cessione di ramo non è un'ipotesi prevista, nè negli accordi nè nello statuto, come estintiva dei nostri diritti. Se non ci venisse riconosciuto, a Vodafone resterebbero i nostri soldi, il che aprirebbe una questione legale a parte.
Fondo di previdenza integrativa: Comdata Care riconosce che a seguito del trasferimento del ramo d'azienda i dipendenti interessati manterranno l'iscrizione al Fondo Telemaco secondo le modalità e le condizioni in essere al momento del trasferimento. In aggiunta a quanto sopra riportato le parti intendono specificare le seguenti condizioni di carattere generale: (*) Aspettative: Comdata Care manterrà in aspettativa coloro che al momento del passaggio fossero già in tale condizione in forza dell'accordo Vodafone Italia del 25/11/2003. (*) Straordinari: Comdata Care riconoscerà al personale trasferito le maggiorazioni previste dall'accordo Vodafone Italia del 25/11/2003.-. 27 ottobre 2004
Inutile! Lo prevede la legge!
NOTA BENE 1: Il presente accordo costituisce valida condizione per l'accelerazione, prima della data di effettivo trasferimento in Comdata Care dei piani aziendali azionari, cosiddette "All shares" 2006 e 2007.
NOTA BENE 2: Vodafone Omnitel NV consentirà alle persone oggetto del trasferimento del ramo d'azienda di poter trasferire il proprio numero di telefono cellulare su richiesta degli interessati
NOTA BENE 3: Per coloro che usufruiscono della convenzione relativa agli asili nido, Vodafone Omnitel NV si impegna a garantire la fruibilità di tale servizio per tutto il presente anno scolastico.
Oltre al relativo valore economico che non incide significativamente sul nostro futuro, sono delle trappole: impongono una condotta attiva da parte dei lavoratori per chiedere l'applicazione di una parte dell'accordo (es.: richiesta del proprio numero di cellulare), il che potrebbe essere interpretato legalmente come tacita accettazione di tutto l'accordo!
(...) 4. Considerato la strategicità della collaborazione tra Comdata Care e Vodafone Italia, le aziende e le OO.SS si incontreranno due volte all'anno durante l'intera durata della collaborazione, allo scopo di monitorare lo stato di avanzamento delle attività e del servizio in relazione alle evoluzioni occupazionali.
No Comment!
(...) 5. Comdata Care si impegna ad attuare un piano formativo teso a garantire lo sviluppo delle competenze e l'adeguato aggiornamento professionale delle risorse trasferite.
Buono per Comdata care se lo fa!
(...) 6. Comdata Care al fine di avviare un costruttivo sistema relazionale con le OO.SS. e le RSU riconoscerà le RSU presenti nel ramo ceduto fino alla loro naturale scadenza.
No comment!
(...) 7.In riferimento ai lavoratori oggetto della presente cessione e posto che Comdata Care intende svilupparsi sul mercato sulla base delle attività e delle risorse trasferite da Vodafone Italia e di eventuali future commesse, Vodafone Italia e Comdata Care garantiscono la piena stabilità occupazionale per tutta la durata del contratto di servizio pari a 7 anni (fatte salve le dimissioni, i licenziamenti per giusta causa e giustificato motivo e le eventuali uscite volontarie).
1) Nei sette anni, sin da subito, ti possono spostare su qualunque tipo di commessa: da Vodafone allo sciolglipancia.
2) Passiamo da un contratto a tempo indeterminato a un contratto a scadenza (7 anni).
3) Vedremo dopo perchè possiamo trovarci senza lavoro anche mlto prima dei 7 anni.
8.In caso di risoluzione anticipata da parte di Vodafone Italia del contratto di servizio con il Gruppo Comdata, Vodafone Italia garantirà che le attività e i lavoratori adibiti alle attività previste dal contratto di servizio con Vodafone Italia vengano affidati ad un soggetto terzo con il mantenimento senza soluzione di continuità dei rapporti di lavoro e delle condizioni del presente accordo. Comdata Care si impegnerà a garantire la stabilità occupazionale e le condizioni del presente accordo alle persone che dovessero essere impegnate su eventuali altre commesse al momento della risoluzione anticipata del contratto di servizio da parte di Vodafone Italia. In tale caso gli eventuali lavoratori e lavoratrici, originariamente ceduti, impegnati a quel momento su attività legate a eventuali diverse commesse potranno, con richiesta individuale, esercitare il diritto di opzione di trasferimento al nuovo soggetto terzo scelto da Vodafone Italia di cui sopra.
Tutto molto bello (si fa per dire) se la risoluzione anticipata è da parte di Vodafone... Ma se è da parte di Comdata? Zero garanzie e tutti per strada!
Nell'esternalizzazione di Tim a Cos è stata usata la stessa formula: dopo poco più di un anno Cos ha dichiarato la comessa troppo onerosa ed ha rescisso il contratto. Quei lavoratori sono stati messi in mobilità e ora sono per strada.
(...) 9. Nella denegata ipotesi di fallimento di Comdata Spa, Vodafone Italia nel rispetto del presente accordo e in ottemperanza alle vigenti leggi in materia di procedure concorsuali e in coerenza con una clausola generale di responsabilità sociale si impegna a mettere in campo le azioni volte a garantire il mantenimento di rapporti di lavoro dei lavoratori oggetto del trasferimento del ramo d'azienda del 17 settembre 2007 presso un soggetto terzo che rilevi tutte le persone cedute o attraverso la reinternalizzazione in Vodafone Italia.
A parte la ricerca di questo sconoscito soggetto terzo, qui si parla di fallimento di Comdata Spa: ma se fallisce Comdata Care, che è molto più probabile e funzionale a questo piano di smaltimento del personale? Zero garanzie e tutti per strada! Inoltre, prima del fallimento, ci sono una serie di stati di crisi economica dell'azienda che non vengono menzionati e sui quali non ci sono garanzie.
(...) 10. Comdata Care garantisce che i lavoratori oggetto di cessione non potranno svolgere la propria prestazione in sede di lavoro (intendendo il comune) diverse dalle attuali (Milano, Ivrea, Roma, Napoli e Padova), per tutta la durata della commessa.
Non conosciamo la situazione geografica di tutte le zone, ma immaginiamo che i vari comuni siano abbastanza vasti. Inoltre la sede che loro definiscono "Napoli" si trova in realtà nel comune di Pozzuoli; mettendo comune di Napoli ben potremmo essere spostati a Nola ad esempio!
Anche qui, tra l'altro, si parla di garanzia per la durata della commessa che, abbiamo visto prima, potrebbe essere inferiore ai già limitati 7 anni,, con risoluzione anticipata della commessa.
Inoltre, curiosa la struttura della frase che è in negativo ("non potranno svolgere la propria prestazione") che lascia un dubbio: se Comdata sposta la propria sede di lavoro?
(...) 11. Il contratto di servizio tra Vodafone Italia e Comdata Spa potrà essere rinnovato e non prevede il ricorso al sub-appalto per l'esecuzione delle attività oggetto del trasferimento.
Ancora una volta si parla di Comdata Spa, ma noi saremo dipendenti di Comdata Care, che, essendo un soggetto giuridicamente diverso, non ha alcun vincolo a riguardo.
(...) 12. Nell'ambito del principio condiviso di salvaguardia sociale che stabilisce il collegamento tra i lavoratori trasferiti e la commessa di cui al punto 7) su richiesta delle OOSS si terrà una specifica riunione da tenersi a partire da un anno data dalla scadenza del contratto di servizio con Vodafone, allo scopo di esaminare la situazione relativa alle prospettive occupazionali delle persone cedute al fine di preservare la continuità occupazionale.
E chi se ne frega!
venerdì 26 ottobre 2007
RSU Bologna: -"Segreterie Nazionali intolleranti, sorde, distanti hanno prodotto un accordo da bocciare"
Questa notte e’ stato siglato un accordo di armonizzazione tra le Organizzazioni Sindacali, la Vodafone e la neonata Comdata Care, che verrà sottoposto al voto nei prossimi giorni. Dobbiamo registrare alcuni aspetti di tutta questa vertenza che la segnano negativamente per i modi e per i tempi attraverso i quali è stata condotta.
Consideriamo che il rapporto con i lavoratori, per tutta la durata della vertenza, sia stato impostato in modo decisamente negativo: abbiamo assistito ad una conduzione esclusivamente verticistica delle dinamiche decisionali e una preoccupante intolleranza alla critica, che non hanno permesso ai lavoratori di vedere rappresentate le proprie istanze.
Sin dall'inizio, la distanza tra essi e il gruppo dirigente delle Segreterie Nazionali è stata profonda e ciò che è più grave è che questo non ha costituito un problema di rappresentanza per il gruppo dirigente stesso.
Quando un sindacato avanza sordo, senza tenere più in considerazione il parere dei lavoratori che sono il soggetto che rappresenta e quindi motivo fondante della sua stessa esistenza, allora quel sindacato si avventura in percorsi pericolosi, dimentico della propria storia e della proprie caratteristiche peculiari. Prova di ciò sono le critiche dei lavoratori alle modalità di costruzione delle mobilitazioni, quindi le successive spontanee alternative messe in campo e la consultazione conclusiva circa la richiesta di mandato a trattare.
Ed è a proposito di quest'ultimo aspetto che è stata prodotta una vera e propria lesione nei confronti dei lavoratori, dal punto di vista delle dinamiche democratiche relative alle decisioni da prendere, lesione che avvilisce e svilisce il ruolo dei lavoratori come soggetto attivo e primariamente interessato allo svilupparsi degli eventi. La consultazione, che non ha visto la partecipazione di tutti (ci chiediamo ancora perchè a Napoli le rsu abbiano annullato la seconda assemblea e non conteggiato i voti della prima, in cui era emerso un unanime NO) ha espresso un chiaro dissenso dei lavoratori sia sul mandato a trattare l'armonizzazione sulle basi dell'ordine del giorno proposto delle Segreterie Nazionali, sia su quello relativo al prossimo piano industriale Vodafone.
E' incredibile come questo evidente risultato politico sia stato "reinterpretato" dai Segretari Nazionali e poi svuotato di senso, fino a far giungere la delegazione alla necessità (?) di autoconferirsi un mandato a trattare: per la serie, "quello che esce dalla porta lo si fa rientrare dalla finestra", anche se si tratta della legittima espressione della volontà delle lavoratrici e dei lavoratori.
Si è ripetuto lo schema già visto in occasione del rinnovo del Contratto Nazionale del 2005 (parte economica + normativa): si è deciso di contenere un movimento nascente, consapevole e determinato, un movimento di contrasto alle logiche aziendali di sfrenata rincorsa al profitto, di rivendicazione di diritti e di una migliore qualità di vita, scegliendo di non provare ad alterare (a favore di chi lavora!) i rapporti di forza e la conseguente spinta rivendicativa che ne segue.
Quanto al giudizio sull'accordo esso non può che essere negativo in quanto legittima l'esternalizzazione proprio in un momento in cui la volontà dei lavoratori di non giungere ora ad un accordo e di proseguire la mobilitazione si era palesata senza alcuna ambiguità nelle consultazioni assembleari, in un momento in cui le iniziative messe in campo da lavoratori e delegati hanno portato l'attenzione mediatica sul caso Vodafone ai massimi livelli, tanto da far diventare questa nostra lotta una vertenza simbolo contro le esternalizzazioni e la precarietà occupazionale.
Si sarà persa un'occasione, quella di provare a porre un argine sociale costruito dai tanti lavoratori coinvolti o solidali, ad un contesto che permette scempi di questa portata che minano il futuro di tutti noi.
Si sarà persa l'occasione di riprendere in mano il senso della storia del sindacato che pone i propri obiettivi ben al di là del "consentito" e del "previsto legalmente", ma che parla alle persone, ai loro cuori e alle loro speranze e volontà di costruire un mondo del lavoro migliore per una società migliore.
nota informativa
Informiamo i lavoratori che a distanza di pochi giorni dalle ultime assemblee “calate dall’alto”, la storia si ripete (anche se la presunta giustificazione della fretta stavolta non regge neanche un po'): le Segreterie Sindacali provinciali di Bologna hanno indetto l'ennesima assemblea senza concordare, condividere e neanche informare i delegati circa il giorno e l’ora; un altro esempio di gestione verticistica del rapporto col mondo del lavoro...?
RSU Bologna
Consideriamo che il rapporto con i lavoratori, per tutta la durata della vertenza, sia stato impostato in modo decisamente negativo: abbiamo assistito ad una conduzione esclusivamente verticistica delle dinamiche decisionali e una preoccupante intolleranza alla critica, che non hanno permesso ai lavoratori di vedere rappresentate le proprie istanze.
Sin dall'inizio, la distanza tra essi e il gruppo dirigente delle Segreterie Nazionali è stata profonda e ciò che è più grave è che questo non ha costituito un problema di rappresentanza per il gruppo dirigente stesso.
Quando un sindacato avanza sordo, senza tenere più in considerazione il parere dei lavoratori che sono il soggetto che rappresenta e quindi motivo fondante della sua stessa esistenza, allora quel sindacato si avventura in percorsi pericolosi, dimentico della propria storia e della proprie caratteristiche peculiari. Prova di ciò sono le critiche dei lavoratori alle modalità di costruzione delle mobilitazioni, quindi le successive spontanee alternative messe in campo e la consultazione conclusiva circa la richiesta di mandato a trattare.
Ed è a proposito di quest'ultimo aspetto che è stata prodotta una vera e propria lesione nei confronti dei lavoratori, dal punto di vista delle dinamiche democratiche relative alle decisioni da prendere, lesione che avvilisce e svilisce il ruolo dei lavoratori come soggetto attivo e primariamente interessato allo svilupparsi degli eventi. La consultazione, che non ha visto la partecipazione di tutti (ci chiediamo ancora perchè a Napoli le rsu abbiano annullato la seconda assemblea e non conteggiato i voti della prima, in cui era emerso un unanime NO) ha espresso un chiaro dissenso dei lavoratori sia sul mandato a trattare l'armonizzazione sulle basi dell'ordine del giorno proposto delle Segreterie Nazionali, sia su quello relativo al prossimo piano industriale Vodafone.
E' incredibile come questo evidente risultato politico sia stato "reinterpretato" dai Segretari Nazionali e poi svuotato di senso, fino a far giungere la delegazione alla necessità (?) di autoconferirsi un mandato a trattare: per la serie, "quello che esce dalla porta lo si fa rientrare dalla finestra", anche se si tratta della legittima espressione della volontà delle lavoratrici e dei lavoratori.
Si è ripetuto lo schema già visto in occasione del rinnovo del Contratto Nazionale del 2005 (parte economica + normativa): si è deciso di contenere un movimento nascente, consapevole e determinato, un movimento di contrasto alle logiche aziendali di sfrenata rincorsa al profitto, di rivendicazione di diritti e di una migliore qualità di vita, scegliendo di non provare ad alterare (a favore di chi lavora!) i rapporti di forza e la conseguente spinta rivendicativa che ne segue.
Quanto al giudizio sull'accordo esso non può che essere negativo in quanto legittima l'esternalizzazione proprio in un momento in cui la volontà dei lavoratori di non giungere ora ad un accordo e di proseguire la mobilitazione si era palesata senza alcuna ambiguità nelle consultazioni assembleari, in un momento in cui le iniziative messe in campo da lavoratori e delegati hanno portato l'attenzione mediatica sul caso Vodafone ai massimi livelli, tanto da far diventare questa nostra lotta una vertenza simbolo contro le esternalizzazioni e la precarietà occupazionale.
Si sarà persa un'occasione, quella di provare a porre un argine sociale costruito dai tanti lavoratori coinvolti o solidali, ad un contesto che permette scempi di questa portata che minano il futuro di tutti noi.
Si sarà persa l'occasione di riprendere in mano il senso della storia del sindacato che pone i propri obiettivi ben al di là del "consentito" e del "previsto legalmente", ma che parla alle persone, ai loro cuori e alle loro speranze e volontà di costruire un mondo del lavoro migliore per una società migliore.
nota informativa
Informiamo i lavoratori che a distanza di pochi giorni dalle ultime assemblee “calate dall’alto”, la storia si ripete (anche se la presunta giustificazione della fretta stavolta non regge neanche un po'): le Segreterie Sindacali provinciali di Bologna hanno indetto l'ennesima assemblea senza concordare, condividere e neanche informare i delegati circa il giorno e l’ora; un altro esempio di gestione verticistica del rapporto col mondo del lavoro...?
RSU Bologna
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